Animali
In questa pagina sono
raccolti i mammiferi d'Europa.
Indice
Cervidi
(famiglia Cervidae)
Capriolo
Cervo
Daino
Cervo Sika
Cervo della
Virginia
Renna
Alce
Bovidi
(famiglia Bovidae)
Bisonte
Bue muschiato
Stambecco
delle Alpi
Stambecco
iberico
Muflone
Camoscio
Suidi (famiglia Suidae)
Cinghiale
Gli orsi (famiglia Ursidae)
Orso bruno
Orsetto
lavatore
Canidi
(Famiglia Canidae)
Lupo
Sciacallo dorato
Procione
Volpe polare
Volpe rossa
Mustelidi
(famiglia Mustelidae)
Martora
Faina
Puzzola
Puzzola
marmorizzata
Visone
Ermellino
Donnola
Tasso
Ghiottone
Lontra
Felini
(famiglia Felidae)
Lince
Gatto
selvatico
Leporidi
(famiglia Leoporidae)
Lepre comune
Lepre bianca
Coniglio
selvatico
Focidi
(famiglia Phocidae)
Foca comune
Foca grigia
Foca dagli anelli
Foca monaca
Sciuridi
(famiglia Sciuridae)
Scoiattolo rosso
Scoiattolo
grigio
Burunduk
Castoro
Citello
Marmotta
Riccio comune
(famiglia Erinaceidi)
Toporagni, crocidure e
mustriolo (famiglia
Soricidi)
Toporagno nano
Toporagno
comune
Toporagno
alpino
Toporagno
acquaiolo
Toporagno acquaiolo di Miller
Mustiolo
Crocidura
minore
Crocidura dal ventre bianco
Arvicole
(famiglia Microtini)
Arvicola
rossastra o campagnolo rssastro
Arvicola
sotterranea
Arvicola di
Fatio
Arvicola
campestre
Arvicola
agreste
Arvicola delle
nevi
Ghiridi
(famiglia Mioxidy)
Ghiro
Moscardino
Topo quercino
Driomio
Talpa europea o talpa comune
(Famiglia Talpidi)
Topi e ratti
(famiglia Murini)
Topo selvatico
Topo
selvatico dal collo giallo
Topo delle case
Ratto nero
Ratto delle
chiaviche
Nutria
(famiglia Capromidi)
Pipistrelli
(famiglie: Rhinolophidae, Vespertilionidae e Molossidae).
Cervidi
I
rappresentanti di questa famiglia (Cervidae) sono ruminanti
artiodattili e, come i bovidi, sono presenti in tutto il mondo. In
Europa sono presenti sette specie ma solo quattro sono effettivamente
residenti nel continente da molto tempo e cio� autoctone: l'alce e il
capriolo, che appartengono alla sottofamiglia dei pseudocervidi, e il
cervo e la renna, che sono inclusi fra i cervidi veri e propri. Gli
altri tre cervidi sono specie naturalizzate: il daino, il cervo sika
e il cervo della Virginia. Il daino proviene dal Mediterraneo.
Ritrovamenti di ossa documentano comunque che in epoca interglaciale
si era gi� spinto una volta fino al Baltico. Tutti gli esemplari oggi
esistenti a nord delle Alpi derivano da popolazioni introdotte da
lungo tempo. Il sika, proveniente dall'Asia orientale, fu introdotto
solo a cavallo tra i due secoli in alcune piccole bandite della
Germania settentrionale e occidentale, ma ha un'importanza molto
superiore in Gran Bretagna. Nel sud della Finlandia si � diffuso il
cervo della Virginia, introdotto dal Nordamerica. Nelle specie di
cervi diffuse in Europa, solo i maschi portano le corna. Queste
cadono e si riformano ogni anno. Un'eccezione � costituita dalle
renne, le cui femmine adulte hanno le corna.
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Capriolo
Il
capriolo (Capreolus capreolus, ordine Artiodattili, famiglia
Cervidi) � definito il folletto del bosco, ha forme slanciate, la
testa piccola, occhi e orecchie sono grandi, la coda molto corta,
arti slanciati e forti, i piedi con zoccoli lunghi e stretti. I
maschi hanno i palchi caducicorni, solcate da scanalature e ornate da
piccole "perle", con tre ramificazioni nell’adulto. Le corna sono
annualmente rinnovate da novembre a marzo. In entrambi i sessi, il
colore del mantello � rossastro in estate e grigiastro in inverno,
con parti inferiori pi� chiare. Ha le dimensioni di una capra, 90-135
cm, altezza al garrese 65-75 cm, peso 14-16 kg, ma le dimensioni
variano secondo l’alimentazione: i caprioli di stazza pi� massiccia
sono quelli che vivono in luoghi dove trovano vegetazione in
abbondanza tutto l’anno. Il capriolo � diffuso in tutta Europa, con
eccezione delle zone pi� settentrionali e delle isole del
Mediterraneo, Asia Minore, Asia settentrionale e centrale.
Frequenta boschi di latifoglie e misti con radure e incolti
cespugliati, macchia mediterranea, ma anche pascoli e campi coltivati
dove trova possibilit� di alimentarsi (una colonia storica � quella
che vive nella bassa pianura friulana). E’ un animale d’indole timida
e riservata, � attivo sia di giorno, sia di notte secondo le
circostanze. Agile e veloce nella corsa, � anche in grado di nuotare
ma purtroppo molti muoiono annegati nei canali con le rive cementate.
Ha una vista acuta e odorato ben sviluppato. Le femmine ed i giovani
conducono vita gregaria in piccoli gruppi guidati da un esemplare
adulto, mentre i maschi restano appartati, ma in prossimit� dei
branchi. I maschi sono strettamente territoriali per gran parte
dell'anno. La sua dieta � essenzialmente vegetale: erba, germogli,
fieno, foglie, frutti selvatici, funghi, cereali verdi, cortecce. Il
periodo degli amori � compreso tra luglio e settembre. I maschi
rinunciano ai loro ristretti territori d’influenza, delimitati sui
confini con i secreti odorosi delle ghiandole frontali, ottenuti
sfregando la base delle corna contro i tronchi degli alberi, e
ricercano le femmine. L'accoppiamento � preceduto dal corteggiamento
che dura 3/5 giorni, durante i quali la femmina resta in calore e il
maschio rimane in sua compagnia.
In
maggio/giugno, dopo una gestazione di circa 9 mesi, la femmina
partorisce 1/2 piccoli, che sono allattati per 2-3 mesi. Per un lungo
periodo i piccoli sono
apparentemente abbandonati nel
bosco, tra l’erba alta e sono avvicinati dalla
madre solo per l'allattamento. La madre inizialmente li controlla a
distanza, mano
a mano
che il piccolo cresce il rapporto diviene del tipo "a seguito". I
giovani,
quando hanno raggiunto l'et� di tre mesi, seguono la madre quasi
costantemente e da essa si rendono completamente indipendenti tra i 9
e 12 mesi; dopo qualche mese raggiungono la maturit� sessuale.
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Cervo
Il
cervo (Cervus elaphus, ordine Artiodattili, famiglia Cervidi) ha una
forma raccolta e robusta, la testa di media grandezza con occhi e
orecchie grandi, la coda piuttosto lunga, gli arti slanciati, i piedi
con zoccoli stretti e allungati. I maschi hanno palchi caducicorni
molto grandi, che sono rinnovate ogni anno da marzo a giugno; esse
sono formate da un'asta principale da cui si dipartono numerose
ramificazioni, che durante la crescita sono ricoperti da una pelle
caratteristica detta "velluto", la quale, quando i palchi sono
solidificati, si secca e cade o � tolta per sfregamento su alberi o
cespugli (pi� gli alberi sono ricchi di tannino e pi� le corna
saranno scure).
In
entrambi i sessi, il colore del mantello � bruno-rossastro con ventre
pi� chiaro in estate, mentre assume una tonalit� grigio-bruna in
inverno. Fino all'et� di circa due mesi i cerbiatti presentano il
manto maculato di bianco. Lunghezza testa-corpo 160-250 cm, altezza
al garrese 100- 150 cm, peso 100-250 kg. Il cervo � diffuso in
Europa, Asia, Nord Africa (Algeria e Tunisia), Nord America.
Frequenta boschi sia di conifere che di latifoglie con radure e aree
aperte. In montagna si spinge fino al limite superiore della
vegetazione arborea. E’ un animale generalmente sedentario, compie
spostamenti anche considerevoli per esigenze alimentari oppure per
abbandonare i luoghi ove � disturbato, per questo motivo la sua
gestione va fatta a “pi� comprensori”. E’ attivo al crepuscolo e
nelle ore notturne, mentre trascorre il giorno in riposo nel folto
del bosco. Nonostante la mole, appare agile nel salto, veloce nella
corsa e buon nuotatore. E' dotato d’udito e odorato molto fini e
vista acuta. Le femmine ed i giovani conducono vita gregaria in
gruppi guidati da una femmina adulta, mentre i maschi vivono isolati
o si raggruppano in branchi fuorch� nel periodo degli amori.
Caratteristico � il richiamo amoroso ("bramito") che i maschi
emettono a fine estate per richiamare l’attenzione delle femmine e
avvisare gli altri maschi di tenersi lontani dal proprio harem. Il
bramito ha anche lo scopo di “mostrare” la forza di un cervo, senza
arrivare allo scontro fisico con altri maschi. La sua dieta �
essenzialmente vegetale: erbe, fieno, foglie, cortecce, germogli,
frutta, sementi, tuberi, ecc. Il periodo degli amori si protrae da
settembre ad ottobre e gli accoppiamenti sono preceduti da furiosi e
talvolta cruenti combattimenti tra i maschi, che sono poligami. In
maggio/giugno, dopo una gestazione di 8 mesi e mezzo, la femmina
partorisce 1 (raro 2) piccolo, il cui allattamento si protrae per 3/4
mesi. Il parto avviene in localit� solitarie e ben difese, dove la
femmina s’isola temporaneamente dagli altri componenti il branco.
All'et� di 8/10 mesi i cerbiatti si rendono indipendenti e tra il
primo e il secondo anno raggiungono la maturit� sessuale.
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Daino
Il
daino (Dama dama, ordine Artiodattili, famiglia Cervidi) ha forme
raccolte, occhi e orecchie sono grandi, il collo � corto e massiccio,
la coda � di media lunghezza, gli arti sono snelli, terminanti con
zoccoli stretti. I maschi hanno corna (caducicorni) foggiate
all'estremit� a pala molto larga e allungata, e sono rinnovate
annualmente: cadono in maggio e ricrescono in luglio-agosto. In
entrambi i sessi, il mantello � di colore bruno-rossiccio con macchie
bianche sul dorso e sui lati del corpo; d'inverno esso assume
tonalit� pi� grigie. Il ventre � biancastro e lo specchio anale �
bianco con ai lati un contorno nero. Sono note forme con mantello
molto scuro senza picchiettatura ovvero con mantello piuttosto
pallido di colore variabile tra il sabbia e le tinte della
porcellana. L'albinismo non � raro. Ha una lunghezza testa-corpo di
130-155 cm, altezza al garrese 80-100 cm; peso maschio 60-85 kg,
femmina 30-50 kg. E’ diffuso in Europa e Asia Minore. Frequenta
boschi preferibilmente di latifoglie, ricchi di sottobosco e radure,
incolti cespugliati, macchia mediterranea. Ha un temperamento timido
e riservato, diviene socievole e confidente in cattivit�, adattandosi
facilmente alla presenza dell'uomo (� il pi� presente nei parchi).
Possiede una gamma d’atteggiamenti piuttosto espressivi attraverso i
quali comunica con i propri simili. Attivo di preferenza nelle ore
notturne e crepuscolari. � un buon corridore, compie salti con grand’abilit�
e nuota bene. Di buon udito e olfatto, possiede una vista acuta, che
gli consente di distinguere bene oggetti immobili relativamente
distanti. Conduce vita gregaria in branchi anche molto numerosi
composti di femmine e giovani; i maschi adulti preferiscono stare
appartati. Durante il periodo degli amori si formano branchi misti.
La
sua dieta � essenzialmente vegetale: semi, germogli, erba fresca,
fieno, foglie, frutta, cereali, patate, rape, cortecce d'albero. Il
periodo degli amori � compreso tra
ottobre
e novembre; i maschi contendenti si combattono a colpi di corna, ma
ben difficilmente si procurano ferite gravi. Per manifestare il loro diritto
territoriale i maschi raschiano il terreno con le corna e vi orinano
sopra. Da maggio a giugno le femmine, dopo una gestazione di quasi 8
mesi,
partoriscono in genere 2 piccoli, che allattano per 3/4 mesi. I
giovani si rendono indipendenti all'et� di 9/12 mesi e raggiungono la
maturit� sessuale ad un anno e mezzo.
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Cervo sika
Il
cervo sika (Cervus nippon) � originario dal Sud-est asiatico,
oggi � per�
molto diffuso in Gran Bretagna e Irlanda, ed � presente anche in
Danimarca, Germania, Austria, Polonia e Repubblica Ceca. Il sika
europeo � pi� piccolo del daino e pi� grande del capriolo (�
considerato il "cugino piccolo" del cervo). E' stato incrociato varie
volte e di conseguenza possono esserci forti variazioni nella sua
struttura corporea. Il colore estivo assomiglia a quello del daino,
ma presenta un tono bruno pi� accentuato, delle macchie non cos�
nettamente definite e un ventre grigio chiaro. Il mantello invernale
� grigio scuro e le macchie sono molto deboli o addirittura non si
vedono. Nel periodo dell'accoppiamento i sika adulti portano una
splendida criniera. Il periodo dell'accoppiamento dura molto a lungo,
da settembre all'inizio di dicembre. Dopo 32 settimane di gestazione,
le femmine partoriscono di regola un solo piccolo. Il sika �
relativamente sedentario ed � d'abitudini meno diurne del daino. Il
suo comportamento durante il periodo dell'accoppiamento assomiglia a
quello del cervo, ma i gruppi sono in genere piccoli. Dopo
l'accoppiamento si formano sia branchi di maschi sia di femmine; i
maschi pi� anziani sono spesso solitari. Lo sviluppo delle corna si
arresta per lo pi� al livello di "sei-punte" o di "otto-punte". I
primi fusti delle corna vengono fuori gi� nel marzo dell'anno
seguente alla nascita, ma si arriva a sfregare le corna per toglierne
il "velluto" solo in agosto (talvolta addirittura a met� ottobre).
Maschi di parecchi anni che perdono le corna tra la met� di aprile e
la fine di maggio, le sfregano tra la met� di luglio e l'inizio di
settembre.
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Cervo della Virginia
Il
cervo della Virginia (Odocoileus virginianus), di cui si conoscono
ben 39 sottospecie, arriva originariamente dal continente americano
(dal nord fino al sud al confine brasiliano). E' stato introdotto in
Boemia e Moravia intorno al 1853, poi in Bulgaria ed ex Jugoslavia,
l'esemplare europeo ha un peso intermedio fra quello del capriolo e
quello del daino. Il mantello estivo � bruno chiaro o rosso-bruno
senza macchie, quello invernale varia dal grigio-bruno al bruno. Si
distingue per le orecchie piuttosto grandi, la macchia bianca della
gola e la coda bianca relativamente lunga. Mancano gli "occhiali"
delle corna, mentre i fusti o aste al di sopra dei pugnali sono
piegati in avanti ad angolo acuto; tutti i pugnali sono rivolti in
alto. Nel primo anno di vita, le corna non sono ancora ramificate. La
perdita delle corna avviene dalla fine di novembre alla fine di
gennaio, la formazione di quelle nuove solo tra giugno e agosto. Il
periodo dell'accoppiamento va da ottobre a dicembre. Dopo circa 30
settimane di gestazione, vengono partoriti in genere due piccoli,
qualche volta tre. Il cervo della Virginia ha, come il capriolo, un
pronunciato comportamento territoriale. Vive in gruppi di famiglie, e
d'inverno anche in branchi pi� grandi.
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Renna
La renna (Rangifer tarandus)
trova il suo habitat ideale nelle tundre dei boschi settentrionali
dell'Eurasia e del Nordamerica dove si contano 20 sottospecie. In
questo cervide anche le
femmine hanno le corna che sono ramificate, grandi ed ampie. Le
femmine perdono le corna dopo i maschi, ed in effetti in dicembre
alcune femmine hanno ancora le corna, � questo il motivo per cui,
secondo la leggenda, le renne di babbo Natale sono femmine. La renna
si � adattata al suo ambiente freddo, � dotata di un fitto pelo
protettivo, ha gli zoccoli larghi che usa per camminare sulla neve e
per raschiare la coltre di neve alla ricerca dei vegetali che si
trovano sotto. Passa l'estate in boschi di alberi ad alto fusto e in
montagna mentre d'inverno si trasferisce in pianura. La renna �
l'unica specie di cervidi che viene addomesticata e utilizzata come
cavalcatura e animale da carico, soprattutto da lapponi e tungusi che
la tengono in gran considerazione. Corridore e nuotatore estremamente
resistente, la renna � in grado di percorrere grandi distanze alla
ricerca di cibo, superando tutti gli ostacoli naturali. I branchi, in
attivit� soprattutto di giorno, sono guidati da un capobranco
femmina. I maschi adulti possono arrivare a un peso di 150 kg,
misurare 2 m di lunghezza e raggiungere l'et� di 15 anni.
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Alce
L'alce
(Alces
alces) un tempo viveva in tutta la zona delle foreste eurasiat�che.
Oggi � fortemente presente in Norvegia, Svezia, Finlandia, negli
stati baltici e in Polonia, con una leggera tendenza all'espansione
verso occidente e verso sud. Alci migranti penetravano continuamente
in Germania, nella Repubblica Ceca, in Slovacchia e in Austria.
L'alce � enorme, � il pi� grande dei cervidi viventi e pu�
raggiungere le dimensioni di un cavallo a cui vanno aggiunti i palchi
giganteschi, ma gli esemplari scandinavi sono pi� piccoli di quelli
del Baltico e della Polonia. Le corna possono raggiungere un peso di
20 kg e presentare fino a 40 punte. I maschi sono dotati di un lungo
sacco peloso al di sotto della gola. Il periodo dell'accoppiamento
comincia alla fine di agosto e si prolunga sino a novembre. I luoghi
per l'accoppiamento sono cercati dalle femmine che, dopo una
gestazione di oltre 33 settimane, mettono al mondo generalmente due
piccoli, a volte addirittura tre. Questo enorme cervide � attivo
soprattutto al crepuscolo. Le femmine e i giovani vivono in famiglie
matriarcali mentre i maschi adulti girovagano per lo pi� da soli.
Alcuni anni or sono presso il Luonnontieteellinen che si trova a Helsinki,
ebbi modo di vedere da vicino un maschio adulto di alce, ebbene vi garantisco che
� enorme.
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Bovidi
Tutti
i bovidi (Bovidae) sono ruminanti artiodattili, con un sistema
di digestione che permette un'ingestione del cibo non selettiva. Le
loro corna, come quelle delle pecore e degli altri "cavicorni", sono
strutture permanenti in cui una guaina cornea riveste un nucleo
osseo; questo tipo di corna non � mai ramificato e neppure caduco
(crescono tutta la vita). Sono forniti di corna sia i maschi sia le
femmine, con l'eccezione del muflone, in cui solo una parte delle
femmine (le anziane) presenta piccoli moncherini. La famiglia dei bovidi � rappresentata in
Europa da quattro specie: bisonte, stambecco, muflone e camoscio
(anche capre inselvatichite).
Bisonte
Il
bisonte (Bison bonasus) originariamente era diffuso in tutta
l'Europa. Fu sterminato fin dal primo Medioevo in vaste regioni. Nel
1919 fu cacciato di frodo l'ultimo bisonte che viveva in una riserva
di caccia non recintata. Allevando i pochi animali rimasti in
cattivit�, nel 1952 si riusc� a crearne un piccolo branco nelle
foreste vergini di Bialowieza (Polonia), e attualmente ne sono
presenti circa 700 esemplari in Polonia e in Bielorussia. Si �
tentato di introdurli anche in Romania, Bulgaria, Cecoslovacchia e
Ungheria. Notevole nel maschio � il garrese molto alto, rimarcato
dalla giogaia del collo e dalla linea della schiena in pendenza verso
la parte posteriore.
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Bue muschiato
Il
bue muschiato (Ovibos moschatus) durante l'era glaciale era
diffuso anche oltre l'Europa centrale mentre oggi si trova solo nelle
zone aride della Norvegia settentrionale, sull'isola di Spitzbergen,
e nella Svezia settentrionale. Ha la lunghezza del corpo che varia
fra 150 e 250 cm; l'altezza al garrese � di circa 150 cm. Le corna
sono curvate a uncino e nei maschi adulti, saldandosi quasi
completamente, formano un ampio scudo frontale. Il bue muschiato ha
la pelliccia prevalentemente bruno scura e straordinariamente lunga
con una lana molto folta e morbida, che produce in notevole quantit�
ed � chiamata qlvlut dagli inuit, per i quali rappresenta una
preziosa materia prima. L'epoca dell'accoppiamento dura da luglio a
settembre. Dopo una gestazione di otto mesi e mezzo, viene partorito
un vitello. I buoi muschiati, da buoni bovidi quali sono, vivono
prevalentemente in mandrie. Diversamente da quanto si suppone, il bue
muschiato non fornisce la sostanza odorosa impiegata nella produzione
di profumi, che si ottiene invece dalla secrezione delle ghiandole
del muschio del cervo muschiato asiatico. Comunque, odori simili al
muschio servono per denominare parecchi animali e vegetali. C'� l'aroma
moscata (moscardina), la cairina moscata (anatra muta), il topo
muschiato e la famiglia delle erbe muschiate. Il bue muschiato
produce, durante il periodo dell'accoppiamento, un odore molto simile
a quello del muschio e da ci� deriva il suo nome.
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Stambecco delle Alpi
Lo
stambecco delle Alpi (Capra ibex ibex) fu quasi completamente
sterminato nell'area alpina gi� nel XVIII secolo; solo in Italia (nel
Gran Paradiso) sopravvivevano pochi esemplari (secondo la leggenda il
Re era sceso a patti con i bracconieri garantendogli un posto fisso
come guardie), da cui sono poi derivate tutte le colonie oggi
esistenti in Francia, Svizzera, Italia, Germania, Austria e Slovenia.
La reintroduzione dello stambecco � avvenuta in parte anche in
biotopi non adatti (per es. in Stiria). I maschi raggiungono
un'altezza massima al garrese di circa 90 cm e possono pesare 125 kg.
Le corna, piegate all'indietro e lunghe anche 100 cm, diventano
imponenti con l'et� e sono provviste di regolari anelli prominenti
che crescono ogni anno. Le femmine pesano la met� dei maschi e hanno
corna molto pi� piccole, al massimo di 30 cm di lunghezza.
L'accoppiamento avviene d'inverno (dicembre-gennaio); dopo una
gestazione di circa 24 settimane (con forti oscillazioni), la femmina
mette al mondo per lo pi� un solo piccolo. I piccoli sono in grado di
seguire la madre e il branco subito dopo la nascita, e gi� a 4
settimane formano delle "leghe di giovani" all'interno del branco. I
maschi adulti vivono solitari per la maggior parte dell'anno; i
maschi pi� giovani si uniscono al branco delle femmine. Le condizioni
estreme del loro biotopo, costituito da dirupi in alta quota,
obbligano gli animali a essere attivi di giorno.
Ho
avuto occasione di vedere all'opera gli stambecchi nel Parco delle Alpi Marittime e
vi garantisco che hanno un'agilit� impressionante. Scattano come
molle sui costoni, sembrano "volare sulle rocce".
Il Parco delle Alpi Marittime in Piemonte merita sicuramente una
visita, � ben gestito e si possono vedere parecchi animali, del resto,
sono molti i parchi in Italia che meritano d'essere visitati, se non
altro per riconoscenza verso lo sforzo compiuto nella loro gestione, molte volte a titolo
volontaristico.
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Stambecco iberico
Lo
stambecco iberico (Capra pyrenaica) vive in colonie isolate sui
Pirenei e nella penisola Iberica. E' pi� piccolo e leggero, ma
simile, allo stambecco delle Alpi. Le corna del maschio sono
leggermente attorcigliate. Il colore va dal grigio-bruno al bruno, il
ventre � bianco, il dorso presenta una striscia nera. La povert�
dell'habitat comporta un'alimentazione di erbe, muschio, licheni e
gemme. La gestazione della femmina dura circa 23 settimane; il
piccolo o i due piccoli sono allattati per 6 mesi e sono sessualmente
maturi dopo un anno e mezzo. A causa delle sue corna, lo stambecco
dei Pirenei, analogamente a quanto � successo con quello delle Alpi,
in passato � stato cacciato per il trofeo. Oggi la tendenza al
decremento si � invertita e, seppur lentamente, sta aumentando il
numero di esemplari.
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Muflone
Il
muflone (Ovis musimon, ordine Artiodattili, famiglia Bovidi) ha forme
robuste e pesanti, la testa � grande con occhi pure grandi, le
orecchie sono brevi, la coda � corta, gli arti sono snelli e robusti,
terminanti con zoccoli piccoli e stretti. I maschi hanno corna
robuste (bovidi), non ramificate, ricurve con l'estremit� rivolta in
avanti, le femmine sono senza corna oppure le hanno molto piccole. Il
mantello � di colore bruno-rossastro nelle parti superiori e
biancastro in quelle inferiori, con un'evidente macchia biancastra
nella parte alta dei fianchi; in inverno assume tonalit� pi� scure.
Le femmine ed i giovani hanno colori pi� chiari tendenti al fulvo. Ha
le dimensioni di una pecora, lunghezza testa-corpo 100- 130 cm,
altezza al garrese 65-75 cm; peso 25-50 kg. Originariamente era
diffuso in Corsica e Sardegna, � stato introdotto, a partire dalla
fine dell’800, in diverse regioni del continente europeo. In Italia �
presente lungo la dorsale appenninica, soprattutto dell'Appennino
tosco emiliano, e nell'arco alpino, prevalentemente nei settori
occidentale e nord-orientale. Frequenta boschi, boscaglie e
cespugliati di montagne scoscese e rocciose, macchia mediterranea. E'
in ogni modo piuttosto adattabile dal punto di vista ecologico (anche
in parchi). E’ un animale d’indole diffidente quando � perseguitato,
appare relativamente confidente nelle zone ove beneficia di
tranquillit�. Attivo tanto di giorno quanto di notte, � un agile
scalatore e un buon corridore. Ha udito, olfatto e vista molto
sviluppati, che gli consentono di percepire facilmente
l'approssimarsi di un pericolo. Conduce vita gregaria in branchi
misti pi� o meno numerosi guidati da un maschio o da una femmina
adulta; la sua voce � simile al belato di una capra e quando rileva
un pericolo fa udire un suono fischiante e sibilante. Si ciba
essenzialmente di sostanze vegetali: erbe, tuberi, gemme e germogli
di cespugli o di giovani alberi. Il periodo degli amori inizia in
ottobre e si protrae fino a novembre e dicembre. Gli accoppiamenti
sono preceduti dai corteggiamenti, mentre i duelli tra i maschi si
verificano quando uno di essi, alla ricerca della compagna, s'imbatte
in un avversario altrettanto forte. In primavera le femmine gravide
si allontanano dal branco per condurre vita solitaria fino al parto.
In marzo-aprile la femmina, dopo una gestazione di circa 5 mesi,
partorisce 1 o, pi� raramente, 2 piccoli, il cui allattamento si
protrae per quasi sei mesi. Essi raggiungono la maturit� sessuale ad
un anno e mezzo.
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Camoscio
Il
camoscio (Rupicapra rupicapra, ordine Artiodattili, famiglia Bovidi)
ha delle forme raccolte e robuste, la testa breve con muso anteriore
assottigliato, gli occhi sono piuttosto grandi, le orecchie lunghe e
appuntite, la coda corta e pelosa, gli arti lunghi e forti, i piedi
larghi e robusti, terminanti con zoccoli appuntiti, ottimi per
camminare e correre sulle rocce. Entrambi i sessi hanno corna brevi,
all'estremit� ripiegate indietro ad uncino. Il maschio e la femmina
hanno il mantello di colore fulvo-rossiccio con linea dorsale
nerastra, testa bianco-giallastra percorsa da due bande nerastre, la
gola bianco-giallastra, il ventre fulvo-giallastro, gli arti
brunastri scuri; in inverno le parti superiori si fanno pi� scure e
quelle inferiori pi� chiare. Ha le dimensioni di un grosso capriolo
100- 130 cm, altezza al garrese 65-80 cm, peso 24-45 kg. Il camoscio
� diffuso nelle alte montagne dell'Europa meridionale e dell'Asia
Minore. Oggi � oggetto di reintroduzione. Frequenta zone alpestri
oltre il limite superiore della vegetazione arborea e boschi sia di
conifere che di latifoglie.
Dotato di vista acuta e d’udito e olfatto finissimi. Corre veloce
mostrando una notevole agilit� nel compiere salti, balzi e scalate di
luoghi impervi. E’ perfettamente adattato alla vita in alta montagna
e grazie ai suoi zoccoli, ampiamente divaricabili e flessibili, e
degli arti dotati di potenti muscoli, � capace di correre velocissimo
sulle pareti rocciose pi� scoscese e risalire in pochi minuti
dislivelli di mille metri. Le femmine ed i giovani conducono vita
gregaria in branchi pi� o meno numerosi guidati da una femmina
adulta, mentre i maschi adulti restano appartati in gruppi poco
numerosi o vivono solitari e raggiungono le femmine nel periodo degli
amori.
I tassi d'incremento della popolazione
sono relativamente bassi, se confrontati con quelli delle altre
specie di ungulati selvatici. Le femmine divengono sessualmente
mature solo al raggiungimento del secondo o del terzo anno di vita;
nel frattempo restano inattivi anche animali sani nell'et� migliore
per la riproduzione. Dove non � cacciato, il camoscio familiarizza
con l'uomo e richiama l'attenzione dei turisti per via del suo
carattere socievole. Il camoscio cerca d'evitare sia le temperature
troppo rigide sia quelle calde. Nei giorni caldi si sposta in luoghi
freschi ombreggiati, di sera e d'inverno, invece, sceglie luoghi
esposti al sole. D'estate sta sempre in quota e migra con la neve nei
boschi di montagna, soprattutto nei pressi di zone abitate. Il
camoscio ha un sesto senso per pericoli quali le slavine e le cadute
di pietre.
Il
periodo degli amori � compreso tra ottobre e dicembre. Gli
accoppiamenti sono preceduti da combattimenti spesso cruenti tra i
maschi. In maggio-giugno, dopo una gestazione di 25/27 settimane, le
femmine partoriscono in localit� estremamente impervie e nascoste 1
(raro 2) piccoli, il cui allattamento si protrae per circa sei mesi. La
sua dieta � composta essenzialmente di sostanze vegetali: erbe
fresche, fieno, fronde d’arbusti, foglie di conifere, licheni,
muschi, cortecce d’alberi. Ancora all'inizio del XX secolo, si
facevano battute di caccia al camoscio nella maggior parte delle
grandi riserve della nobilt�. Dopo un periodo di intenso
sfruttamento, parti di tali riserve venivano risparmiate per uno o
due anni. La scomparsa di questa strategia "ecologica" dipende dal
cambiamento delle concezioni venatorie e dalla riduzione delle
dimensioni delle riserve, ma anche e soprattutto dalla difficolt�
oggettiva di riuscire a mettere "sul campo" dei guardiacaccia
costantemente, assiduamente presenti sul territorio. Oggi domina la
caccia di selezione praticata individualmente, dall'inizio di agosto
fino alla met� o alla fine di dicembre. Ci si sforza cos� d'abbattere
il pi� presto possibile i maschi pi� deboli, i piccoli e le femmine,
mentre la caccia ai maschi pi� anziani ha luogo di preferenza nel
periodo dell'accoppiamento. Il fattore determinante �, in questo
caso, la crescita continua, fino alla fine di dicembre, di un pelo
invernale particolarmente lungo nella nuca e sul dorso, dal quale il
cacciatore ottiene il pennacchio di peli di camoscio (barba di
camoscio).
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Suidi
I
suidi (Suidae) sono artiodattili come i cervidi ed i bovidi ma, a
differenza da loro, non sono ruminanti. Sono onnivori e tutto il cibo
che raccolgono rufolando finisce in uno stomaco voluminoso, ad una
sola camera, grazie al quale possono permettersi lunghe pause di
riposo per la digestione. La loro dieta � costituita dal cibo che
raccolgono dal terreno aiutandosi col muso e con la dentatura
particolarmente massiccia.
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Cinghiale
Il
cinghiale (Sus scrofa, ordine Artiodattili, famiglia Suidi) ha forme
massicce e pesanti, la testa � grande con muso lungo, gli occhi
piccoli, le orecchie diritte con all'apice un pennello di setole, gli
arti sono relativamente brevi, con quelli posteriori pi� corti degli
anteriori. I denti canini ("zanne") sono ricurvi e molto sviluppati,
specie nel maschio adulto. Il mantello � di colore bruno nerastro,
brizzolato sulle guance e sulla coda; i giovani sono di colore bruno
chiaro con strisce longitudinali bruno scure o nerastre. Lunghezza
testa-corpo 100-150 cm, altezza al garrese 60-90 cm; peso maschio
45-180 kg, femmina 30-150 kg. E’ diffuso in Europa, Asia e Africa
paleartica. Frequenta boschi ricchi di sottobosco e macchia
mediterranea con paludi, corsi d'acqua e laghetti, in prossimit� di
pascoli e zone coltivate. In montagna si spinge fino al limite
superiore della vegetazione arborea. E’ un animale attivo
all’imbrunire e di notte, trascorre le ore diurne tra il fitto
sottobosco (rovi) nei punti pi� umidi e ombreggiati. Le femmine, ad
eccezione del periodo della riproduzione, vivono in branchi con i pi�
piccoli, mentre i maschi adulti conducono vita solitaria e
raggiungono le femmine solo all'epoca degli amori. In condizioni di
superaffollamento o per la ricerca del cibo compie spostamenti
erratici anche di notevole entit�. Assai elevata � la resistenza alla
scarsit� di cibo, specie da parte degli adulti; si calcola ad esempio
che nel periodo compreso tra l'autunno e la primavera un esemplare
sano possa perdere fino al 40% del proprio peso. Si ciba sia di
sostanze vegetali, sia animali: ghiande, castagne, tuberi, bulbi,
radici, mais, cereali, uva, frutta, piccoli animali invertebrati,
anfibi, rettili, uova e nidiacei d’uccelli terragnoli, carogne.
Il
periodo della riproduzione � compreso tra novembre e gennaio e gli
accoppiamenti sono preceduti da furiosi combattimenti tra i maschi
per il possesso delle femmine. In genere tra marzo e maggio, dopo una
gestazione di 4/5 mesi, la femmina partorisce da 3/4 fino a 12
piccoli in un rozzo covo nel fitto della boscaglia. I giovani restano
nel covo per alcuni giorni prima di seguire la madre, dalla quale
sono allattati per 2/3 mesi; si rendono completamente indipendenti
dalle cure materne all'et� di 5/6 mesi, mentre tra i 10 e i 18 mesi
raggiungono la maturit� sessuale.
La
caccia al cinghiale nel Veneto � vietata, gli abbattimenti che
vengono effettuati sono attuati da personale autorizzato ed hanno lo
scopo di eradicare la specie.
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Gli orsi
Gli
orsi (Ursidae) sono tutti plantigradi e onnivori, anche se, nella loro
nutrizione i vegetali hanno un ruolo predominante (solo l'orso
polare, non presente in Europa, � prevalentemente carnivoro). Dalle
pitture rupestri e dai ritrovamenti di ossa in caverne dell'et� della
pietra, si � potuto capire che gi� gli uomini preistorici dovevano
confrontarsi con gli orsi, li cacciavano e si disputavano con loro le
caverne. Questo contatto/scontro tra l'uomo e la bestia ha fatto
nascere in molte civilt� antiche miti, culti e leggende.
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Orso
bruno
L'orso
bruno (Ursus arctos) in origine viveva in tutta l'Europa, con
l'eccezione dell'Islanda. Oggi sopravvive in buon numero nella
Scandinavia settentrionale e nell'Europa di Sud-est, ma ne esistono
piccole popolazioni isolate in tutti i paesi europei, eccettuate
Islanda, Gran Bretagna, Danimarca, Germania e Benelux. Gli orsi pi�
grandi possono raggiungere un'altezza al garrese di 115 cm e un peso
di 350 kg, ma solitamente sono pi� piccoli. Gli orsi s'accoppiano tra
maggio e giugno, segue poi un periodo che dura fino a novembre in cui
gli embrioni hanno uno sviluppo protratto, poi cominciano a crescere.
Gli orsacchiotti, che pesano appena 400 grammi (in genere due per una
figliata), sono partoriti in pieno inverno, mentre l'orsa si trova
nel rifugio invernale e non assume n� cibo n� acqua. Bench� il corpo
della femmina sia prostrato dall'allattamento, essa non lascia quasi
mai il rifugio prima della met� di maggio. Nell'Europa meridionale, i
piccoli restano in media un anno con la madre, pi� a nord 2 anni,
talvolta anche 3. L'orso bruno non ha praticamente nemici, ad
eccezione dell'uomo e pu� raggiungere un'et� fra i 35 ed i 60 anni.
La mortalit� infantile � comunque molto alta. Gli orsi bruni vivono
perfettamente da soli e dispongono d'un territorio molto grande da
cui ricavano le risorse alimentari. A settembre si rintanano in un
luogo riparato dove cadono in un letargo durante il quale la
frequenza cardiaca si riduce drasticamente. La durata del letargo
dipende soprattutto dalle condizioni atmosferiche. Difficilmente gli
orsi bruni rappresentano un pericolo per l'uomo poich� ne hanno
timore e quasi sempre fuggono prima d'incontrarlo. Situazioni
pericolose possono crearsi se una persona si trova ad una distanza
inferiore ai 15 metri circa dall'animale. In situazioni di questo
tipo occorre avere nervi saldi, mantenere la calma e non fuggire
poich� cos� facendo si farebbe scattare nell'orso il riflesso
dell'inseguimento. La cosa migliore � indietreggiare lentamente e
lasciare all'orso lo spazio per la possibilit� di una ritirata.
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Orsetto
lavatore
Il
procione o orsetto lavatore (Procyon lotor) appartiene ai
Procyonidae, gli orsetti d'America. E' originario dall'America
settentrionale e centrale, con esclusione dell'estremo Nord. Nel 1927
furono introdotti in Germania i primi esemplari a scopo venatorio,
altri fuggirono dagli allevamenti di animali da pelliccia.
Attualmente in Germania la maggior parte degli esemplari vive al
nord, ma ne compaiono spesso a sud, nella Francia di nord-ovest, in
Austria, nella Repubblica Ceca e in Polonia. Sono assai numerosi in
Bielorussia. Nell'aspetto generale l'orsetto lavatore ricorda un
tasso. Pesa fino a 7 kg, con un'altezza al garrese di circa 35 cm. Il
suo nome deriva dal fatto che, in cattivit�, pulisce con molta cura
il cibo. Gli orsetti lavatori s'accoppiano alla fine di gennaio, dopo
il letargo invernale. I maschi vagano alla ricerca delle femmine in
calore. La gestazione dura 9 settimane, e vengono partoriti in media
3 piccoli (occasionalmente fino a 7). Questi animali sono
prevalentemente attivi al crepuscolo e di notte. Non pongono
particolari esigenze al loro biotopo, ma preferiscono paesaggi
riccamente strutturati ed evitano le localit� montuose dal clima
rigido. Utilizzano come rifugi per i piccoli e come quartieri
invernali sia le tane delle volpi e dei tassi, sia gli alberi cavi,
occasionalmente anche mucchi di rami secchi e di sterpi. L'orsetto
lavatore vive in societ� e raggiunge una densit� relativamente alta.
I suoi nemici naturali sono la lince, il gufo e il lupo (anche il
randagismo dei cani costituisce un problema). Gli orsetti lavatori
appaiono piuttosto impacciati e tozzi nel loro mantello lungo e
fitto. La testa ha il muso corto e appuntito con la caratteristica
maschera che ricorda il cane procione: una fascia nera che attraversa
il muso come una benda sugli occhi, con le zone del muso e della
fronte pi� chiare. Essendo onnivori, hanno imparato ad approfittare
dei rifiuti prodotti dal genere umano e, nel loro girovagare alla
ricerca di cibo, possono avvicinarsi agli insediamenti umani; li si
trova occasionalmente in fienili, stalle e in campeggi. Di regola,
comunque, non si allontanano dai loro rifugi per pi� di 5 km.
Percorrono anche distanze molto pi� grandi solo per popolare nuove
aree.
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Canidi
I
canidi (Canidae) sono essenzialmente carnivori, ma si cibano
anche di vegetali, soprattutto bacche e frutta. Tutte le specie
tendono ad avere forme d'organizzazione sociale, soprattutto quando
la densit� di popolazione � piuttosto alta. Nella vita in comunit�,
le gerarchie sociali sono spesso cos� fortemente pronunciate che solo
la femmina di rango pi� alto va in calore e viane fecondata. Gli
altri membri del branco prendono parte alla ricerca del cibo e
all'allevamento dei piccoli. Nella fase conclusiva
dell'accoppiamento, tutti i canidi "restano attaccati" per un tempo
pi� o meno lungo. I cuccioli nascono per lo pi� in cavit� della terra
scavate dalla madre o prese ad altri animali (tassi). I cuccioli sono
ciechi per una o due settimane dopo la nascita.
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Lupo
Il
lupo (Canis lupus) ha una brutta fama. La sua immagine �
collegata fin dalla nostra infanzia con la violenza, la cattiveria,
l'astuzia e il senso di un pericolo indeterminato. Ma ormai da tempo
si sa che il lupo evita l'uomo e che anzi ne ha paura. Il lupo � un
animale attivo prevalentemente al crepuscolo e di notte; � molto
intelligente e timidissimo. Un tempo, i lupi erano diffusi in tutta
l'Europa, oggi sono presenti in popolazioni isolate solo in quella
meridionale, a oriente e nel nord. Questi canidi possono pesare 60 kg
e sono alti fino a 50 cm. Assomigliano nella stazza ad un cane da
pastore tedesco ma con le zampe particolarmente alte. La stagione
della fregola � paragonabile a quella della volpe, ma spesso si
estende fino a marzo. Dopo nove settimane di gestazione, la lupa
partorisce da 5 a 8 cuccioli, occasionalmente anche di pi�. la
grandezza dei branchi e il modo di cacciare sono determinati dalla
disponibilit� di preda; i grandi animali, come ad esempio l'alce,
sono interessanti solo per branchi molto forti. Famiglie piccole e
lupi solitari s'accontentano, in caso di necessit�, addirittura di
topi e di anfibi. I lupi abitano zone boscose e paludose, steppe,
deserti, tundre e montagne. Essendo cacciatori da inseguimento,
preferiscono per� le vaste campagne aperte, e necessitano di un'area
di caccia con un'estensione di circa 300 kmq.
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Sciacallo
Lo
sciacallo dorato (Canis aureus) ha una taglia contenuta, minore
di quella dei lupi, si differenzia dalla volpe per le maggiori
dimensioni (pu� arrivare a pesare anche oltre 16 kg), la coda pi�
corta (20-25 cm) e le zampe pi� lunghe (altezza alla spalla 50 cm),
oltre che per il tipico mantello; E’ un canide che proviene dall’est
Europa (Balcani), e la sua espansione sembra dipendere dalla recente
diminuzione dei lupi. Possiede una dentatura robusta, con lunghi
canini e zampe lunghe e affusolate, entrambi adattamenti utili per la
caccia, specialmente ad uccelli e a piccoli mammiferi. La
conformazione delle zampe, in particolare, li rende dei buoni
corridori, capaci di mantenere un'andatura costante che pu� arrivare
anche ai 16 km/h per un lungo periodo di tempo.
Gli
sciacalli occupano una nicchia ecologica specifica, in quanto sono
predatori di piccoli animali e, soprattutto, mangiatori di carogne.
Sono animali notturni, attivi prevalentemente all'alba e al tramonto.
La
struttura sociale degli sciacalli � costituita intorno ad una coppia
monogama che occupa e difende un territorio ben definito. Gli
sciacalli sono infatti ferocemente territoriali, ed una coppia
respinge con forza le intrusioni di altri esemplari nel proprio
territorio, delimitato da marchi fatti con le urine e le feci. Un
territorio tipico � grande abbastanza da permettere la crescita di
due o pi� cuccioli, che vivono con i genitori fino all'et� adulta per
poi abbandonarli e cercare a loro volta un proprio territorio.
In
alcune rare occasioni pi� sciacalli si riuniscono in un branco, ad
esempio per nutrirsi di una carcassa particolarmente grande, ma nella
maggior parte dei casi cacciano da soli o in coppia.
Lo
sciacallo dorato � presente in alcune zone dell'Asia e del sud ed est
Europa. In Europa l'areale dello sciacallo dorato appare in
espansione, individui provenienti dalla ex Jugoslavia sono stati
segnalati nelle regioni orientali italiane (Carnia) ed in Slovenia,
zone in cui pochi anni fa la specie risultava assente.
La
comparsa dello sciacallo in Friuli Venezia Giulia � attribuibile con
certezza ai met� anni Ottanta, quando alcuni animali, scambiati per
volpi, furono abbattuti in vicinanza di Udine e di San Vito di Cadore
(BL). Il suo areale pi� sud occidentale � stato raggiunto nel 1992 a
Preganziol (TV), dove un animale � stato investito. Dopo la rapida
espansione, durata fino all’inizio degli anni Novanta, la presenza
era sembrata ridursi fino agli inizi del 2000, probabilmente a causa
del bracconaggio, per poi nuovamente, apparentemente riprendersi
verso la met� della prima decade del Duemila. Nel 2009, un sub-adulto di 2 anni � stato
ritrovato investito presso l’abitato di Sistiana (TS) e un individuo
� stato ritrovato vivo presso l’abitato di San Don� di Piave (VE), a
testimoniare che questa specie si pu� adattare anche agli ambienti
antropizzati.
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Cane procione
Il
cane procione
(Nyctereutes procyonoides) � originario
dalla zona di confine tra l'ex Unione Sovietica e la Cina, in
particolare il bacino idrografico dell'Amur e dell'Ussuri, da dove,
nella prima met� di questo secolo, fu introdotto in molte zone della
Russia come animale da pelliccia. Nel 1935 � stato segnalato per la
prima volta in Finlandia, nel 1955 in Polonia, mentre nel 1964 alcuni
esemplari furono visti presso Monaco e Augusta. Oggi i cani procioni
sono presenti in tutta l'Europa centrale e orientale, in Svezia e in
Finlandia. Il cane procione pesa fino a 10 kg ed � piuttosto tozzo
con la sua scarsa altezza al garrese. Assomiglia pi� al tasso che
alla volpe; la maschera ricorda quella dell'orsetto lavatore. Il
periodo della fregola cade un po' pi� tardi di quello della volpe.
Dopo una gestazione di 9 settimane, vengono al mondo dal 5 agli 8
cuccioli. Il cane procione ricerca il cibo rovistando ed � attivo di
pomeriggio e di notte; bench� sia carnivoro, occasionalmente
ingerisce fino a un 80% di alimenti vegetali. Ha un letargo invernale
molto breve e in funzione delle condizioni atmosferiche.
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Volpe polare
La
volpe polare (Alopex lagopus) vive nei fj�lls e nelle tundre
della Scandinavia, in Islanda e in Russia, a nord del 60� di
latitudine. La sua statura � di poco inferiore a quella della volpe
rossa comune; il mantello nel semestre invernale � candido, nel
semestre estivo assume un marrone grigiastro. Il periodo della
fregola comincia un po' pi� tardi di quello della volpe rossa, a cui
� peraltro molto simile nel sistema di vita. Vive a volte in piccoli
gruppi ed � molto attiva di giorno.
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La volpe rossa
La
volpe � un canide di medie dimensioni (lunga da 65 a75 cm). Ha il
muso lungo e affusolato, le orecchie dritte, appuntite e nere nella
parte posteriore e le zampe corte. La coda � lunga (da 35 a 45 cm ) e
molto folta solitamente con la punta bianca. Presenta una gran
variabilit� sia individuale sia geografica. Il manto, per esempio, �
generalmente di un ricco rosso scuro anche se varia da un individuo
all'altro, sia da una zona all'altra. Generalmente il dorso va dal
bruno rossiccio al grigio con i fianchi pi� chiari. La regione
ventrale � bianco-grigia. Di norma in inverno � di colore pi� scuro
che in estate. Il mantello � formato da peli lunghi, come ad esempio
quelli della coda che arrivano a 87 cm. E' diffusa in tutto
l'emisfero nord. E' assente nelle zone desertiche degli Stati Uniti e
del Messico e nel Sahara. E' presente in tutta l'Italia. E' il
carnivoro selvatico pi� diffuso e con pi� vasta zona di
distribuzione. Pu� prosperare negli habitat pi� svariati (dal livello
del mare fino a 3200 m): vive principalmente nei boschi, ma si pu�
rinvenire anche in brughiere aperte, in montagna e nelle campagne
coltivate. E' diffusa nelle citt� che presentano vaste zone a
giardino come in Inghilterra. E' un animale notturno, ma dove vive
indisturbata � attiva anche di giorno. Durante il giorno si ripara
sotto i cespugli, in piccoli fossi, nelle tane scavate da lei stessa
o in tane di tasso e d’istrice abbandonate, in citt� pu� nascondersi
nei giardini o tra il materiale di scarto. Si nutre di lepri,
conigli, roditori, ricci, ma tende ad escludere i toporagni e le
talpe, si nutre anche d'insetti, uccelli, uova, lombrichi, carogne e rifiuti
in genere.
In estate e in autunno integra la sua dieta con frutta (uva e more) e
bacche (rosa canina). Le sue esigenze alimentari sono di circa 500 gr.
di cibo il giorno. Normalmente forma gruppi familiari composti da un
maschio e varie femmine (fino a 6) con i loro piccoli. Tra le femmine
esiste un sistema gerarchico che limita la capacit� riproduttiva a
quelle pi� potenti nella scala gerarchica. Quando in un gruppo
partorisce pi� di una femmina, l'allattamento avviene in forma
comunitaria. Questi gruppi occupano un territorio
molto variabile, che va da 20 ai 40 ha nelle zone urbane, 200/600 ha
nelle zone coltivate fino a 4000 ha nelle zone montuose. I giovani di
solito 4 o 5, nascono nella tarda primavera. Sono attivi e svezzati
dopo circa sei settimane, ma stanno con la madre sino all'autunno. Il
principale nemico della volpe � l’essere umano, sia direttamente
attraverso la caccia e sia indirettamente con le coltivazioni
agricole e il traffico veicolare. La volpe � considerata un animale dannoso per l'economia
rurale e portatore di malattie, ma in realt� fa anch'essa parte della
catena alimentare come qualsiasi altro essere vivente. La volpe � nota, fin dai tempi pi�
antichi, soprattutto per la sua fraudolenta e subdola scaltrezza.
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Mustelidi
I
mustelidi (Mustelidae) sono per la maggiorana semiplantigradi
snelli e con le zampe corte. Un'eccezione � rappresentata dal tasso,
che cammina poggiando a terra con tutta la pianta e che � difficile
definire snello. Sia le dita dei piedi anteriori sia quelle dei piedi
posteriori di tutti i mustelidi sono fornite di unghie taglienti e
retrattili, strumenti perfetti per arrampicarsi; anche in questo caso
il tasso costituisce di nuovo l'eccezione, perch� utilizza le sue
lunghe unghie non retrattili come arnesi per scavare. I mustelidi
dispongono di ghiandole puzzolenti nella zona anale, le cui
secrezioni hanno molteplici funzioni. Bench� carnivori, la maggior
parte delle specie ingeriscono temporaneamente anche cibo vegetale,
soprattutto frutta e bacche. Tipico dei mustelidi � il morso alla
nuca con cui il maschio trattiene la femmina durante la copula. I
piccoli nascono inetti. Le vibrisse sono gli importanti strumenti del
tatto che danno ai mustelidi la possibilit� di cacciare al buio
(tassi, martore) o in acqua torbida (lontra). Per marcare il
territorio i mustelidi lasciano tracce di urina o feci soprattutto
nei posti elevati. Una pratica tipica di questi animali � anche il
"sigillo", che consiste nello stampare la secrezione delle ghiandole
anali su rami, pietre o semplicemente sul terreno.
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Martora
La
martora (Martes martes) vive in quasi tutta l'Europa, con
l'eccezione dell'Islanda, di tutta la Spagna (tranne il nord), e di
gran parte dei Balcani. Evita la vicinanza immediata con le persone e
preferisce le grandi zone boscose. Ha una vistosa macchia giallo ocra
sulla gola e sul petto (mentre nella faina � bianca) e piante dei
piedi pelose. I maschi possono arrivare a 2 kg di peso e a 75 cm di
lunghezza. Luglio e agosto sono i mesi dell'accoppiamento, a cui
segue un periodo di sviluppo protratto degli embrioni, che dura fino
all'inverno. Di regola vengono partoriti da 2 a 4 cuccioli, che
aprono gli occhi a 34/38 giorni d'et�. La martora si muove
prevalentemente sul terreno, ma durante il giorno si rintana in
alberi cavi o in nidi di corvidi. Si arrampica e salta con un'agilit�
estrema e riesce a catturare perfino gli scoiattoli. In passato le
martore venivano cacciate con le trappole per la loro pelliccia
morbida come la seta.
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Faina
La
faina (Martes foina) si trova in tutta l'Europa, fino alle coste
del mare del Nord e del Baltico; � assente nella maggior parte delle
isole del Mediterraneo, in Islanda, Irlanda, Gran Bretagna e
Scandinavia. La faina risulta alla vista un po' pi� esile della
martora, ma d�, nel complesso, l'impressione di una maggiore agilit�.
Le piante dei piedi sono senza peli. La macchia della gola � bianca
(nella martora � giallo ocra) e quasi sempre biforcata. La
procreazione avviene in modo identico a quella della martora, il nido
con i cuccioli per� si trova quasi esclusivamente sul suolo o in tane
scavate nella terra. Le faine, a differenza delle martore, cercano la
vicinanza dell'uomo e si insediano addirittura nelle zone urbane dove
riescono, ovviamente, a trovare pi� cibo che non in campagna. Hanno
la brutta fama d'essere "sanguinarie" e tale nomea gli deriva dagli
occasionali massacri nei pollai da esse compiuti. Un altro danno che
occasionalmente causano le faine � la morsicatura dei i cavi
d'accensione e dei tubi flessibili nei motori delle automobili o
sulle macchine agricole. Questi mustelidi hanno un sistema di vita
notturno.
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Puzzola
La
puzzola (Mustela putoris) si trova in tutta l'Europa, fino alle
coste del mare del Nord, del Baltico e il sud della Svezia; � assente
nella maggior parte delle isole del Mediterraneo, in Islanda,
Irlanda, Scandinavia e sporadicamente in Gran Bretagna. I maschi
pesano al massimo 1,5 kg e hanno una lunghezza di 46 cm, quindi sono
chiaramente pi� piccoli delle faine. L'accoppiamento avviene tra
marzo e luglio; dopo 6 settimane di gestazione, la puzzola partorisce
da 3 a 7 cuccioli. Fortemente legata allo stesso biotopo della volpe,
passa l'inverno nelle tenute agricole. Se viene incalzata da nemici,
impiega come sostanza difensiva la secrezione puzzolente delle sue
ghiandole anali. Nel semestre invernale porta spesso nel suo rifugio
dei piccoli animali, specialmente anfibi ma, diversamente dalle
credenze popolari, non � lei a paralizzarli: in quest'epoca
dell'anno, le rane e i rospi si trovano in stato di rigidit� anche
indipendentemente dall'intervento della puzzola.
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Puzzola marmorizzata
La
puzzola marmorizzata (Vormela peregusna) � leggermente pi�
piccola della puzzola comune. Il dorso e i fianchi bruni dell'animale
sono ornati da macchie e strisce gialle irregolari; la testa nera �
attraversata da una striscia frontale bianca e bianchi sono anche il
naso e il mento. Le orecchie relativamente grandi sono bordate di
lunghi peli bianchi. Questo disegno vivace della faccia conferisce
alla puzzola marmorizzata un aspetto esotico, sgargiante. In passato,
la magnifica pelliccia della puzzola marmorizzata era molto ambita
nei Paesi dell'Est ed aveva un notevole valore. Le sue pelli venivano
donate dai signori a ospiti altolocati e a cittadini benemeriti. In
Europa si trova unicamente in Bulgaria, nella Romania orientale e
sporadicamente nei territori dell'ex Jugoslavia, nel nord della
Grecia e nelle steppe della Russia meridionale. Attiva al crepuscolo
e di notte. E' un mustelide non molto frequente ed addirittura raro
nella maggior parte delle zone in cui � stata segnalata. Questo suo
rarit�, sommata al carattere riservato e schivo, spiega perch� questa
specie di puzzola sia rimasta finora un rappresentante poco
conosciuto e studiato dei mammiferi europei.
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Visone europeo
Il
visone europeo (Mustela lutreola) era originariamente diffuso in
quasi tutta Europa, ma in moltissimi luoghi � stato scacciato dal
visoni provenienti dall'America (Mustella lutreola vison), in parte
fuggiti dagli allevamenti, ma anche lasciati liberi per facilitarne
la moltiplicazione, o peggio, liberati per una contorta e ignorante
forma d'ambientalismo. Entrambi i visoni sono antagonisti e vivono
nelle zone umide. Hanno all'incirca la grandezza della puzzola; il
visone europeo � marrone scuro, il visone americano si presenta in
numerose variazioni, ma in libert� � anch'esso prevalentemente
marrone scuro; gli mancano per� la macchia bianca sulla gola e i
bordi bianchi intorno alle labbra che ha il visone europeo. Alcuni
visoni si sono stabilmente ambientati sull'asse del Piave dove, se
non altro, riescono a contrastare la diffusine delle nutrie. Un
curioso fatto capitato ad un pescatore nella zona di Ponte di Piave
(TV): mentre pescava gettava i pesci sulla riva con l'intenzione di
riporli in seguito nel carniere, per�, quando decise di raccogliere i
pesci s'accorse che non cerano pi�, perch� un visone, approfittando
del fatto che era girato di spalle, glieli portava via mentre li
pescava.
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Ermellino
L'ermellino
(Mustela erminea) non � presente nei paesi mediterranei, salvo la
Spagna settentrionale e la Croazia. Abita in tutte le regioni, dalle
coste fino alle localit� di montagna. Gli ermellini arrivano a un
peso di 450 g. e quelli che vivono al sud delle alpi tendono ad
essere di meno. In Inverno diventano completamente bianchi. Le
femmine dell'ermellino possono essere fecondate dal maschio quando
hanno ancora solo 3 settimane di vita. Uno sviluppo protratto degli
embrioni fa s� che esse restino realmente incinte solo da "adulte".
La gravidanza pu� cos� oscillare fra i 223 e i 392 giorni. Sia gli
ermellini sia le donnole sono veloci corridori e buono nuotatori.
Abitano nei buchi delle piante o cavit� del terreno. L'ermellino
emette, per difendersi, una secrezione puzzolente delle ghiandole
anali. Sono carnivori. Prima dell'introduzione del gatto domestico,
l'ermellino era apprezzato come acchiappatopi. Caccia soprattutto
piccoli
mammiferi come il criceto e lo scoiattolo, ma insidia anche uccelli,
anfibi e pesci.
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Donnola
La
donnola (Mustela nivalis) si trova in tutta l'Europa ed � molto pi�
presente di quanto non si creda. Le donnole, a nord delle Alpi, sono
pi� leggere e quelle che vivono a grandi altitudini diventano bianche
in inverno. Sia gli ermellini sia le donnole sono veloci corridori e
buoni nuotatori. Abitano nei buchi delle piante o cavit� del terreno.
Sono carnivori. I nostri nonni sapevano bene che una donnola � in
grado di passare attraverso le maglie della rete dei pollai e delle
gabbie dei conigli per sfamarsi razziando gli animali da cortile. Mi
� capitato di vedere una scena incredibile alcuni anni fa a Fossalta
di Piave: una donnola inseguiva un topo in mezzo ad una strada
asfaltata. Molto probabilmente il topo, vistosi perso, si gioc�
l'ultima carta buttandosi in mezzo alla strada, ma la donnola
continu� ad inseguirlo e ... nessun scampo per il topo.
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Tasso
Il
tasso (Meles
meles) � molto pi� comune di quanto non si possa pensare, si trova in tutta L'Europa (durante una cena
estiva con amici me ne
sono trovato uno nel cortile di casa), eccetto che in Islanda, in
alcune isole del Mediterraneo e nel nord della Scandinavia.
Prescindendo da alcune steppe agricole, abita quasi tutte le regioni.
Il tasso raggiunge il peso di un capriolo e arriva a 100 cm di
lunghezza, ma ha una fisionomia tozza ed � corto sulle zampe. Ha un
inconfondibile muso bianco attraversato da due lunghe strisce nere.
Il periodo della fregola pu� cadere fra gennaio e ottobre, con o
senza uno sviluppo protratto degli embrioni. Le femmine non sono
fertili ogni anno. I tassi sono monogami e la coppia dura per tutta
la vita. Sono animali molto socievoli e vivono normalmente in grandi
e ramificate tane, da cui i giovani tassi devono per� allontanarsi
man mano che crescono. Nelle immediate vicinanze delle tane si
trovano ampie fosse per gli escrementi (pozzi neri dei tassi). Tali
pozzi neri si trovano per� anche alla periferia del territorio per
marcarlo. I tassi non cacciano, ma sono soprattutto raccoglitori.
Sono onnivori e consumano tutto quello che trovano, dalle bacche al
piccoli di capriolo, passando per gli insetti. In passato venivano
cacciati in molti modi, sia per la carne sia per la pelliccia:
scavando le loro tane, facendo loro la posta accanto alle uscite
delle tane, abbattendoli sui campi alla luce della luna, inseguendoli
con i cani e infine catturandoli per mezzo di trappole. Avendo a che
fare con un tasso ferito (a esempio investito da un'automobile) occorre fare molta attenzione perch� si
tratta d'animali dall'aspetto bonario ma che in realt� hanno un
morso in grado di spezzare un braccio.
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Ghiottone
Il
ghiottone (Gulo gulo) si trova in Norvegia, Svezia e Finlandia;
occasionalmente si spinge nei paesi baltici. Ha le zampe pi� alte del
tasso, ed � anche pi� pesante. Quando gli inverni sono
particolarmente rigidi, s'arrampica sugli alberi e fa la posta alle
renne. Il nome "ghiottone" corrisponde al tedesco Vielfra�
(mangione, ghiottone), che si basa a sua volta su una interpretazione
sbagliata dell'originario nome norvegese fJeldfross, che propriamente
significa "gatto delle rocce". Abile arrampicatore, saltatore e
nuotatore, il ghiottone � attivo sia di giorno sia di notte.
Solitario e vivace, abita nelle fenditure delle rocce e nelle cavit�
degli alberi e si nutre di roditori e d'uccelli, ma anche di rettili
e pesci. Il periodo della fregola cade in marzo-aprile, la femmina
partorisce dopo 8 o 9 mesi di gestazione da 2 a 7 piccoli, che dopo 6
o 9 mesi sono autonomi. I ghiottoni possono raggiungere un'et� di 18
anni.
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Lontra
La
lontra (Lutra lutra) in passato era presente in tutta l'Europa,
eccetto che in Islanda. Oggi ne troviamo solo pochi esemplari
superstiti nella maggior parte dei paesi. Tende a estinguersi
localmente. La lontra, i cui piedi sono palmati, nuota e si immerge
con eccezionale abilit� e si muove con la stessa rapidit� della foca.
La pelle � coperta di peli incredibilmente fitti sia d'estate sia
d'inverno, le orecchie e il naso si possono chiudere ermeticamente
durante l'immersione. I maschi arrivano a un peso di 15 kg e a 140 cm
di lunghezza. L'accoppiamento avviene in tutte le stagioni; alla fine
della gestazione, che dura circa 9 settimane, vengono al mondo 2 o 3
piccoli. La lontra preferisce acque relativamente poco profonde, e
percorre distanze anche considerevoli in campagna (addirittura sul
passi delle Alpi). Vive come animale solitario in un territorio
relativamente grande. E' attiva soprattutto di notte, predando vicino
alla riva pesci, anfibi, topi muschiati e uccelli acquatici. Consuma
in acqua le prede pi� piccole, le pi� grosse a terra. Abita in cavit�
lungo la riva, con le entrate al di sotto del livello dell'acqua. In
passato la lontra subiva una caccia molto intensa a causa della sua
pelliccia. Alcuni pescatori hanno detto di recente d'avere visto le
lontre sul Piave, in realt� si tratta sicuramente di nutrie (o
visoni?). Io personalmente non ho ancora visto le fatte tipiche che
la lontra lascia su luoghi elevati per delimitare il territorio.
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Felini
I
felini (Felidae) sono in grado di procurarsi da soli il cibo di
cui hanno bisogno e non sono mendicanti alla tavola d'altri n�
mangiatori di carogne. La famiglia dei felini conta una cinquantina
specie, in Europa ne sono rappresentate solo due specie non
domestiche: la lince e il gatto selvatico. Tutti i felini hanno
cranio rotondo con occhi collocati frontalmente e zanne
particolarmente appuntite, che servono per uccidere la preda. Si
nutrono esclusivamente di carne. Sono eleganti digitigradi con
artigli retrattili nelle cinque dita delle zampe anteriori e nelle
quattro di quelle posteriori. Tutti i felini hanno un udito molto
fine; lunghi peli sensibili sul labbro superiore facilitano
l'orientamento nell'oscurit�. Diversamente da quanto si crede
l'olfatto non � particolarmente sviluppato. Tutti i rappresentanti
viventi in Europa sono solitari e vivono in territori fissi, che
difendono contro i loro simili dello stesso sesso. I piccoli sono
nidicoli e nascono ciechi e pelosi. Bench� i felini siano stati
probabilmente addomesticati gi� nel terzo millennio a. C., � rimasta
loro, a differenza dei cani, un'aura di estraneit�, di inadattabilit�
e di mistero.
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Lince
La
lince (Lynx lynx) in origine era diffusa in tutta l'Europa, con
l'eccezione dell'Islanda, dell'Irlanda e della Gran Bretagna. Oggi
gli esemplari sopravvissuti si trovano solo in Scandinavia, Europa
orientale e meridionale. Si sono verificati sporadici avvistamenti
dovuti alle reintroduzioni in Spagna, Italia, Austria, Svizzera,
Francia e Germania. In Europa sono presenti 4 sottospecie. I maschi
pesano fino a 30 kg e raggiungono un'altezza al garrese di 70 cm.
Dopo una gestazione di ben 10 settimane, nascono 4 o 6 piccoli che
restano dipendenti dalla madre per circa un anno. Le linci sono
animali cacciatori vaganti che cercano di sorprendere e gettare a
terra la loro preda, ma di rado la inseguono per pi� di 20 metri. Per
tenere il pi� possibile tranquille le loro prede potenziali,
esercitano una specie di caccia a intervalli all'interno dei loro
territori, che possono arrivare ad avere un'estensione di 30.000
ettari.
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Gatto selvatico
Il
gatto selvatico (Felis
silvestris) � un animale "invisibile", il che significa che chi crede
di aver scoperto nel bosco un gatto selvatico, sicuramente ha visto
un gatto domestico rinselvatichito. Originariamente il Felis
silvestris era diffuso in tutta l'Europa, con l'eccezione di Islanda,
Irlanda e Scandinavia. Oggi � difficile dire con precisione quale sia
la sua presenza sul territorio, ma gli studiosi concordano nel dire
che la consistenza numerica sia in regresso. Si tratta di un felide
molto pi� forte del gatto domestico, con una coda vistosa, spessa e
cilindrica, che non s'assottiglia neanche all'estremit�. Altri segni
di riconoscimento sono gli anelli e le strisce trasversali. Il ciclo
riproduttivo � identico a quello della lince, ma la gestazione dura
solo 9 settimane. Se una gatta viene sorpresa presso i cuccioli,
fugge abbandonandoli definitivamente. I gatti selvatici preferiscono
luoghi che si mantengano caldi durante l'inverno (pendici di rocce
esposte al sole) ed evitano le alture fredde. Evitano anche le grandi
foreste di conifere per la scarsa presenza di topi. Gli inverni
rigidi provocano grandi perdite tra i gatti selvatici, che allora,
non di rado, si rifugiano negli edifici per sopravvivere. Definito
"tigre degli agnelli" o "brigante dei boschi", il gatto selvatico fu
cacciato spietatamente nei secoli scorsi.
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Leporidi
I leporidi (Leoporidae) sono immediatamente riconoscibili per
via delle orecchie molto lunghe. Questa particolarit� non � casuale
(nulla in Natura � casuale), le orecchie hanno una buona irrorazione
sanguigna e sono utilizzate come "refrigeratori" per regolare la
temperatura corporea. Gli occhi collocati lateralmente danno la
possibilit� di avere un campo visivo molto ampio, ma una visione poco
stereoscopica. I denti incisivi sono privi di radici e continuano a
crescere per tutta la vita; dietro ogni incisivo � situato un dente
perno. Nel grande intestino cieco si forma una poltiglia nutritiva
ricca di vitamine, che viene eliminata e ingerita di nuovo subito
dopo. Nelle guance sono ubicate ghiandole la cui secrezione �
utilizzata come mezzo di comunicazione all'interno del gruppo e nel
confronti degli estranei.
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Lepre comune
(europea)
La
lepre, gi� presso gli antichi Romani, era l'animale
preferito della dea Venere, un riconoscimento, per cos� dire, alla
sua proverbiale fertilit�. La
lepre adulta pesa 4/5 kg, � lunga 47/87 cm (di cui 7/11 cm di
coda), ha forma slanciata con testa piccola ovale, � provvista
d’occhi grandi sporgenti e orecchie molto lunghe e mobili (12/14
cm), ha zampe posteriori decisamente pi� robuste e pi� sviluppate di
quelle anteriori, la pelliccia � fulvo-grigiastra con sfumature
oscure sul dorso, petto e fianchi pi� rossastri, ventre e parte
interna delle zampe biancastri. A differenza dei conigli, le lepri
hanno sempre le punte delle orecchie nere. I giovani leprotti alla nascita hanno
gli occhi aperti, la pelliccia � completamente formata e sono subito
in grado di correre (a differenza dei conigli che nascono con occhi
chiusi e sprovvisti di pelo). La lepre � un animale solitario, �
diffusa nei terreni scoperti pi� o meno coltivati (prati, pascoli,
erbai, vigne, campi a cereali ecc.) intercalati con siepi o
boschetti; � attiva al crepuscolo e durante la notte. Le popolazioni
italiane di lepri, un tempo differenziate, sono ormai geneticamente
inquinate per l'introduzione, attraverso i ripopolamenti venatori, di
coppie importate dall'Europa centro-orientale e persino
dall'Argentina. La lepre � attiva tutto l'anno, si sposta a balzi ma
quando fugge corre molto rapidamente e pu� raggiungere, in corsa,
punte di velocit� di 60 - 70 km/h; durante il giorno rimane nascosta
in un piccolo avvallamento che scava nel terreno scoperto fra l'erba
alta (covo), lungo un argine o sotto un cespuglio; in inverno
talvolta pu� rifugiarsi sotto la neve. Si nutre di moltissime specie
vegetali piante erbacee e arbustive, cereali, bacche, e frutti.
Le lepri subiscono una diminuzione strutturale in campagne suddivise
in grandi lotti con un sistema rapido di raccolto. Lo stress e la
difficolt� di alimentazione, sia durante il raccolto sia in inverno,
limitano il loro numero. Quanto pi� l'agricoltura � condotta in un
variegato disordine su piccoli appezzamenti, tanto pi� i territori di
cui hanno bisogno le lepri sono piccoli e tanto pi� alta la loro
densit�.
Effettua la ciecotrofia: produce cio� due tipi di deiezioni: le feci
vere (feci dure) ed il ciecotrofo (feci molli) ricco di vitamine del
gruppo B. che la lepre reingerisce ed � indispensabile per la
sopravvivenza dell'animale durante l'inverno. Durante la stagione
riproduttiva si possono osservare dei combattimenti rituali fra i
maschi che si sollevano sulle zampe posteriori e si colpiscono con le
anteriori. Gli accoppiamenti avvengono da dicembre a luglio/agosto, i
parti da febbraio ad ottobre. La gestazione dura 42 giorni. La lepre
effettua da 1 a 4 parti l'anno con 1 - 2 leprotti per parto
(raramente in natura si verificano parti di 3-4 leprotti) la
produttivit� annua � di 1 - 6 leprotti. L'ovulazione � provocata
dall'accoppiamento e la lepre pu� essere fecondata una seconda volta
4-10 giorni prima del parto in virt� del fatto che l'utero �
bipartito (fenomeno della superfetazione). I sessi possono essere
distinti solo tramite l'esame diretto dell'apparato genitale. La
produzione di due tipi di feci (cuoriformi e appuntite) viene,
infatti, effettuata da entrambe i sessi in funzione dello stato
funzionale del colon-retto e non sono differenziate nei due sessi
come da credenza popolare (solo in un caso le feci della femmina sono
decisamente pi� grandi delle feci dei maschi e ci� si verifica una
settimana prima del parto).
I
leprotti sono allattati di notte, per 2 - 3 settimane e sono
completamente svezzati a 4-5 settimane. Il latte della lepre � molto
ricco e denso e l'allattamento avviene molto rapidamente. La lepre
raggiunge la maturit� sessuale ad un anno, pu� vivere fino a 12 anni
ma in natura raramente supera i due o tre anni. L'allevamento della
lepre � generalmente effettuato in coppia fissa in gabbie
sopraelevate all'aperto di differente forma e dimensione (raramente
sono utilizzate gabbie harem con un maschio e 4-5 femmine). Le gabbie
presentano sempre una zona di display ed una di rifugio, quest'ultima
� separata per il maschio, la femmina ed i leprotti. I riproduttori
sono scelti fra i primi nati dell'anno precedente e sono mantenuti in
produzione per 4-5 anni. I leprotti sono trasferiti in gabbie singole
(o bicellulari) all'et� di 25-30 giorni. Le giovani lepri prima della
liberazione devono trascorrere un periodo di 28-35 giorni di
preambientamento in recinti a terra per l'allenamento alla corsa e
l'adattamento all'alimentazione naturale, pena l'inutilit� della
liberazione. Il sistema che da maggiori risultati per il
ripopolamento � l'allevamento in natura nelle aree sottratte alla
caccia (rifugi) e sottoposte a vigilanza e controllo dei nocivi
(corvidi, randagismo). Generalmente questo tipo d’allevamento �
praticato dalle province o dagli Atc, che si fanno anche carico di
rifondere i danni causati dalle lepri agli agricoltori (giovani
impianti forestali, coltivazioni di cereali, barbabietola, girasole,
ecc.). Le lepri sono poi catturate con reti e liberate nelle zone da
ripopolare.
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Lepre bianca
La
lepre bianca (Lepus timidus, ordine Lagomorfi, famiglia Leporidi) ha
forme slanciate, la testa � rotondeggiante, gli occhi grandi, le
orecchie lunghe, gli arti posteriori sono pi� robusti e pi� lunghi
degli anteriori. Non esiste dimorfismo sessuale, mentre � ben noto il
dimorfismo di stagione: d'estate il mantello � di colore
bruno-grigiastro brizzolato con parti inferiori del capo e della coda
bianche; d'inverno � integralmente bianco, ad eccezione di una
bordatura nera all'estremit� delle orecchie. La lunghezza testa-corpo
� di 45-60 cm, il peso 2-3 kg. E’ diffusa sulle Alpi, in Irlanda,
Scozia, Penisola Scandinava, Finlandia, parte della Polonia, Russia
settentrionale, Siberia, Mongolia, Manciuria, Nord America. Frequenta
boschi di latifoglie e di conifere, praterie ed alti pascoli oltre il
limite superiore della vegetazione arborea, brughiere. E’ d’indole
meno elusiva e meno astuta rispetto alla lepre comune, non di rado si
mostra pi� audace. Corre abbastanza velocemente con un'andatura a
balzi assai alti, compiendo scarti e curve brusche; nuota con
perizia. Durante le ore diurne si rifugia in un covo che predispone
tra i cespugli di rododendro, mirtillo, pino mugo oppure tra i grandi
massi e in cavit� naturali. Conduce vita solitaria ed � attiva
all’imbrunire e durante la notte. All'approssimarsi di un pericolo o
resta acquattata e immobile, dandosi alla fuga solo se si sente
scoperta, oppure si allontana furtivamente per tempo sfruttando la
vegetazione e i ripari naturali. Quando il terreno � ricoperto da
abbondante coltre nevosa, scava cunicoli nella neve sia per
rifugiarvisi sia per ricercare il cibo; durante le nevicate rimane
sovente nel proprio rifugio, lasciandosi ricoprire dalla neve. E’
meno sedentaria della Lepre comune. Si ciba essenzialmente di
sostanze vegetali: piante erbacee, fieno, bacche, funghi, radici,
germogli d’arbusti, cortecce. Il periodo della riproduzione �
compreso tra aprile e agosto. I maschi sono poligami e si combattono
per il possesso della femmina. La gestazione � di 50/51 giorni e la
figliata � composta da 2 a 5 piccoli, che sono partoriti negli
abituali covi frequentati dalla madre. In genere una femmina
partorisce due volte l’anno. L'allattamento si protrae per circa tre
settimane e poco dopo lo svezzamento, i leprotti si rendono
indipendenti. La maturit� sessuale � raggiunta a circa un anno d’et�.
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Coniglio selvatico
Il
coniglio (Oryctolagus cuniculus) originariamente si poteva
trovare solo in Spagna e in Nordafrica. Oggi vive in tutte le zone
con inverni miti e terreni facili a scavarsi, dalle coste
dell'Atlantico fino a una linea immaginaria che va da Danzica
all'Istria, comprese Irlanda e Gran Bretagna. E' pi� piccolo della
lepre comune e della lepre delle Alpi, ha le zampe pi� corte e le sue
orecchie sono pi� corte e quindi pi� rotonde. Il coniglio selvatico �
minacciato nel suo spazio vitale dalla maggior parte dei carnivori,
ma ha un tasso di riproduzione pi� alto di quello delle lepri comuni:
perfino 5 figliate e 12 piccoli per figliata all'anno! I conigli
selvatici abitano in cavit� del terreno (tane), i loro piccoli
vengono al mondo ciechi e nudi, diversamente da quanto accade in
entrambi i tipi di lepri che si accontentano di covi e i piccoli
nascono quasi gi� autosufficienti. I conigli vivono in regolari
comunit� formate da coppie, ma il maschio dominante del gruppo si
accoppia con quasi tutte le femmine. Questi gruppi abitano in tane
che loro stessi scavano nella terra (colonie), hanno piccoli
territori fissi e zone residenziali pi� ristrette e protette.
Preferiscono i piccoli boschi, le boscaglie e i campi, e si possono
trovare con una certa frequenza anche in parchi urbani, giardini e
... cimiteri. Secondo la tradizione mediterranea il coniglio veniva
cacciato con l'uso del furetto. Nel nel nord Italia i conigli sono
stati erroneamente introdotti per scopi venatori, creando gravi
problemi all'agricoltura e divenendo inutili anche per la caccia
poich� si comportano in modo diverso dalle lepri e scoraggiano i cani
scomparendo nel profondo delle loro tane (cosa che le lepri non
fanno). L'esempio dell'errata introduzione dei conigli selvatici
dimostra quanti danni possa fare una gestione faunistica non
professionale.
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Sciuridi
Gli
sciuridi (Sciuridae) appartengono all'ordine dei roditori. In
Europa sono presenti, oltre al castoro, tre rappresentanti della
famiglia degli sciuridi: scoiattolo, citello e marmotta. I
rappresentanti di questa famiglia hanno sempre denti incisivi privi
di radici e ad accrescimento continuo, con i quali possono attaccare
le parti legnose delle piante (rami, radici, semi). Essi costruiscono
nidi in cui cercano protezione, vi passano il letargo o il sonno
invernale e vi mettono al mondo i loro piccoli che nascono ciechi e
nudi e sono nidicoli. Gli sciuridi hanno 4 dita generalmente lunghe
nelle zampe anteriori e 5 in quelle posteriori, che impiegano per
scavare e arrampicarsi.
Scoiattolo
Lo
scoiattolo rosso (Sciurus vulgaris) �
presente dalle estreme regioni settentrionali (Scandinavia e Siberia)
fino a quelle mediterranee e dalla Spagna fino alla Cina
nord-orientale e al Giappone. All'interno di questo vastissimo areale
vivono numerose sottospecie. Quella presente sulle Alpi � la
sottospecie Sciurus vulgaris fuscoater. Lo scoiattolo � un animaletto
della foresta noto e popolare, ci� � dovuto alle sue abitudini di
vita diurne che ci consentono di vederlo mentre si esibisce in
acrobatiche corse tra i rami degli alberi. La colorazione della
pelliccia di questo animale sul ventre � biancastra, mentre sul dorso
� estremamente variabile, e pu� presentare tonalit� dal grigio
brunastro al rossiccio al nero.
Sulle
orecchie in inverno sono presenti dei caratteristici lunghi ciuffi di
peli, ma � la coda probabilmente la maggior caratteristica
distintiva, tant'� che il nome scientifico del genere "Sciurus"
deriva dai termini greci "Skia" che significa ombra, e "Oura" che
significa coda. "Sciurus" sta quindi a significare: animale che siede
all'ombra della propria coda. Infatti in atteggiamento di riposo lo
scoiattolo tiene la folta coda ripiegata al di sopra del corpo, e in
questa posizione essa assume un'importante funzione per la
termoregolazione dell'animale: pu� essere orientata in modo da
intercettare le radiazioni solari e favorire l'accumulo d'energia, o
essere ripiegata sopra il corpo per ombreggiare l'animale ed essere
eventualmente sventolata come un ventaglio. La coda � invece distesa
durante le corse e i salti, e funziona come bilanciere durante le
spericolate acrobazie di questo roditore. Lo scoiattolo utilizza
la coda anche come strumento di comunicazione, soprattutto
durante le schermaglie amorose tra maschi e femmine, o per
trasmettere ai suoi consimili uno stato di nervosismo o d'allarme.
Lo scoiattolo � un animale tipicamente arboricolo con artigli ben
sviluppati e possenti zampe posteriori che gli consentono
d'arrampicarsi agilmente lungo il tronco degli alberi. Lo scoiattolo
scende a terra solo raramente ed in questi casi � esposto ai
pericoli. E' comune nei boschi di conifere come in quelli di
latifoglie, purch� offrano cibo a sufficienza, ma sono le foreste
miste, in grado di garantire una produzione alimentare pi�
diversificata, ad ospitare le popolazioni pi� numerose.
L'alimento principale degli scoiattoli � rappresentato dai
semi degli alberi, in particolare faggiole, semi d'abete, ghiande,
noci e nocciole, la cui disponibilit� influenza pesantemente la
dinamica delle popolazioni. Gli scoiattoli sono pi� abbondanti in
corrispondenza delle annate in cui le piante hanno una
fruttificazione particolarmente elevata. Tuttavia gli scoiattoli si
nutrono anche di frutti, germogli e funghi. In particolare questi
ultimi sono consumati in quantit� elevate e sembra possano soddisfare
fino al 50% del fabbisogno energetico giornaliero. A differenza degli
uomini, gli scoiattoli raccolgono non solo i corpi fruttiferi che
crescono sul terreno, ma anche le micorrize sotterranee, che
individuano grazie all'ottimo olfatto. Alimenti di origine animale
come invertebrati, uova di uccelli e nidiacei, rientrano solo
occasionalmente nella dieta degli scoiattoli. In situazioni di scarsa
disponibilit� alimentare gli scoiattoli possono strappare le gemme e
rodere la corteccia degli alberi per consumarne libro e linfa.
Lo scoiattolo � attivo esclusivamente di giorno: inizia poco prima
dell'alba e presenta normalmente un picco d'intensit� nel corso della
mattinata e uno poco prima del tramonto. D'inverno l'attivit� �
estremamente ridotta e si concentra nelle ore pi� calde. Quando non �
attivo, lo scoiattolo si rifugia nel nido che costruisce sugli
alberi, in corrispondenza delle biforcazioni dei rami, ammassando
ramoscelli e foglie fino a formare un grosso ammasso sferico che �
tappezzato internamente di muschio e altri materiali morbidi. Pi�
raramente lo scoiattolo utilizza i buchi naturali degli alberi e
quelli scavati dai picchi.
Il periodo riproduttivo ha inizio nella seconda met� dell'inverno.
Dopo una gestazione di circa 38 giorni, la femmina partorisce da 2 a
5 piccoli, il cui peso alla nascita � di circa 8-10 g. I cuccioli,
che nascono nudi, ciechi e con le orecchie chiuse, dopo una
quarantina di giorni sono in grado di lasciare il nido. Generalmente
le femmine portano a termine due cucciolate all'anno, anche se il
tasso riproduttivo � fortemente influenzato dalle disponibilit�
alimentari. Lo scoiattolo raggiunge la maturit� sessuale ad un anno
e, allo stato selvatico, pu� vivere circa 5 anni.
Lo scoiattolo rosso � un animale solitario e all'interno di una
foresta gli esemplari vivono distanziati gli uni dagli altri.
L'estensione degli home ranges varia tra i 2 e i 4 ha e nei maschi
adulti essi sono di dimensioni maggiori che nelle femmine o negli
esemplari giovani. Ci� � dovuto al fatto che durante la stagione
riproduttiva i maschi estendono l'area d'attivit� muovendosi alla
ricerca di femmine in estro. Le sovrapposizioni di home range tra
individui dello stesso sesso sono piuttosto rare. Le femmine
allattanti, in particolare, difendono il proprio territorio per
prevenire interferenze con i cuccioli e per assicurarsi una riserva
di cibo in prossimit� del nido.
L'organizzazione territoriale delle popolazioni di scoiattolo
rosso � dunque uno dei motivi per cui questo roditore non risulta mai
molto numeroso. Per marcare i propri territori gli scoiattoli
rilasciano l'urina o il secreto di ghiandole presenti sul corpo alle
biforcazioni dei rami. Questi segnali olfattivi sono generalmente
associati a piccoli scorteccia menti. La trasmissione di segnali
olfattivi � uno dei principali sistemi di comunicazione in questa
specie, mentre le vocalizzazioni sono utilizzate principalmente nelle
interazioni tra madre e cuccioli e per segnalare situazioni di
pericolo.
In Italia lo scoiattolo rosso � l'unica specie di scoiattolo
autoctona, cio� naturalmente presente allo stato selvatico sul
territorio. In seguito a introduzioni, su alcune aree della penisola
sono oggi presenti altre due specie di scoiattolo: lo
scoiattolo grigio (Sciurus
carolinensis) di origine nord-americana, e il
burunduk (Tamias sibiricus) di origine centro-asiatica. La
prima � stata introdotta alla fine degli anni 40 in Piemonte e in
Liguria. Il burunduk, uno scoiattolo nocciola con il dorso striato,
viene comunemente commercializzato: popolazioni generatesi da
esemplari sfuggiti alla cattivit� si sono insediate all'interno di
parchi pubblici e privati in diverse zone d'Italia e in boschi
naturali in alcune zone del Friuli e del Bellunese.
L'introduzione dello scoiattolo grigio in Gran Bretagna tra fine
dell'800 e l'inizio del '900 e la successiva espansione di questa
specie in Inghilterra, Galles e Scozia, ha coinciso col declino dello
scoiattolo rosso. La competizione tra le due specie, che hanno
abitudini di vita e gusti alimentari analoghi, ha sfavorito la specie
originaria, che rischia di scomparire da alcune zone. Sembra che il
motivo del successo dello scoiattolo grigio sia legato ad una maggior
capacit� di insediarsi in parchi, giardini e altre aree verdi, anche
di modeste dimensioni e inserite in contesti urbani.
Quanto verificatosi in Gran Bretagna fa riflettere sulle conseguenze
che l'introduzione di specie esotiche pu� avere sulla fauna locale e
dimostra l'inopportunit� di certe azioni, quale il rilascio nei
giardini privati a scopo ricreativo e ornamentale di specie pi�
facilmente contattabili di quelle selvatiche gi� naturalmente
presenti sul territorio.
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Castoro
Il
castoro (Castor fiber) era presente in tutta l'Europa centrale,
settentrionale e orientale; oggi � ancora abbastanza diffuso solo in
Scandinavia e nell'Europa dell'Est. Se ne trovano esemplari isolati
nella Francia del Sud, mentre in Germania � stato reintrodotto con
successo. I castori europei raggiungono il peso di un capriolo
adulto, ma la figura tozza li fa sembrare pi� leggeri. Il periodo
dell'accoppiamento comincia a gennaio, la gestazione dura circa 15
settimane, e in genere vengono partoriti da 2 a 4 piccoli. I castori
si creano da soli il proprio ambiente di vita, facendo ristagnare le
acque. Scavano sulle scarpate delle rive le loro abitazioni
fortificate, con accesso sotto il livello dell'acqua, o costruiscono
nell'acqua ampi castelli di tronchi d'albero. I castelli sono abitati
da grandi famiglie. In caso di pericolo, ma anche solo a scopo di
comunicazione, battono l'acqua con la coda piatta. I castori si sono
adattati in modo cos� completo alla vita nell'acqua che vi si muovono
con maggiore agilit� che sulla terra.
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Citello
Il
citello (Citellus) � un genere della famiglia degli sciuridi con
molte specie in Europa, Asia e Nordamerica. Lungo circa 20 cm, vive
per lo pi� in grandi collettivit�. Nell'est della Germania c'�
un'altra specie, il Citellus citellus, il citello semplice.
Marmotta
La
marmotta (Marmota marmota) � un roditore particolarmente timido,
vive sui Pirenei, sulle Alpi e sui Carpazi, ma � distribuita in modo
non uniforme. Abita sopra i 1500 metri di altitudine. La marmotta
arriva a pesare 7 kg ed � piuttosto tozza. Durante il letargo
invernale perde fino a un terzo del suo peso. L'accoppiamento ha
luogo dopo il letargo. Dopo una breve gestazione di 5 settimane (la
breve estate di montagna), nascono da due a cinque piccoli. Nelle
femmine ci pu� essere una pausa di circa 4 anni tra due gestazioni.
Attive di giorno, le marmotte vivono in gruppi familiari. Quando
lasciano la tana, mettono delle sentinelle che avvertono del pericolo
(l'aquila reale) con acuti fischi che spaventano i turisti troppo
curiosi. Nella tarda estate, "falciano", seccano e portano nelle tane
l'erba di montagna per utilizzarla come materiale Isolante e come
imbottitura. Durante il letargo di sei mesi, che viene interrotto
ogni tre o quattro settimane per eliminare escrementi e orina,
tengono chiuse le entrate con tappi, di erba e pietre, lunghi fino a
due metri. La caccia alla marmotta, dove � praticata, rappresenta per
molti proprietari di terreni una fonte di guadagno che permette
d'incrementare il magro reddito delle realt� agricole montane.
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Focidi
I
focidi (Pbocidae) sono tenaci nuotatori e tuffatori che passano
in acqua la maggior parte della loro vita. Orecchie e narici si
possono chiudere ermeticamente, mentre gli arti con le cinque dita
sono trasformati in pinne. I focidi sono carnivori attivi solamente
di giorno e si nutrono esclusivamente di animali marini (pesci,
gamberetti). L'accoppiamento avviene in acqua, la nascita in terra;
viene allevato sempre un solo piccolo che gi� poche ore dopo la
nascita cerca spontaneamente l'acqua, seguito dalla madre.
L'allattamento dura mediamente 6 settimane. Il tasso d'incremento
della popolazione � estremamente basso, ma la durata probabile della
vita � sul 40 anni. Lo spesso pannicolo adiposo fa sopportare ai
pinnipedi l'acqua ghiacciata e rende anche possibili dei lunghi
periodi di digiuno. Un peso variabile tra i 50 kg (foca dagli anelli)
e i 290 kg (foca grigia) fornisce una grande riserva di grassi.
Diversamente che nel tricheco, nel focidi i canini superiori non si
sono allungati in zanne. Discendono da predatori e l'evoluzione li ha
gradualmente adattati alle condizioni della vita acquatica, con la
trasformazione dei piedi posteriori in pinne.
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Foca
comune
La
foca comune (Pboca vitulina) si trova in tutte le coste europee
settentrionali, dal canale della Manica all'estremo nord, ma manca
nel Baltico settentrionale. La foca comune pu� raggiungere un peso di
250 kg. Ha il corpo tozzo, con arti corti e coda corta. La pelliccia
� formata da peli lucenti ed � prevalentemente di color
grigio-giallastro. A terra � molto maldestra, il suo elemento �
l'acqua in cui pu� muoversi con una velocit� di anche 35 Km/h. Le
foche sono capaci di nuotare subito dopo la nascita. La foca comune
vive in societ�, e preferisce stare su coste piatte, banchi di sabbia
e terreni alluvionali; � perci� molto esposta alle conseguenze del
turismo e dell'inquinamento marino, per esempio alla marea nera. I
piccoli che hanno perso la madre richiamano l'attenzione su di s�
urlando. Ma anche la foca che non � rimasta orfana emette un latrato
lamentoso. Se sopravvive ai vari elementi ed ai nemici, pu� vivere
fino al 20 anni.
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Foca
grigia
La
foca grigia (Halichoerus grypbus) si trova intorno all'Islanda e
alla Gran Bretagna, nel Baltico settentrionale, nella costa
settentrionale della Norvegia oltre Trondheim. I maschi arrivano fino
a 250 kg di peso e misurano da 250 a 300 cm di lunghezza. La
pelliccia va dal grigio al grigio scuro, macchiato irregolarmente di
nero. Si distinguono particolarmente per la testa a forma di cone e
per il muso lungo.
Foca
dagli anelli
La
foca dagli anelli (Pboca bispida) si trova solo tra la Svezia e
la Finlandia, in Russia, ed esclusivamente in insenature fuori mano e
inaccessibili. E' di forma molto snella, ma per il resto assomiglia
alla foca comune. Deve il suo nome alla pelliccia che nella parte
superiore � scura e ornata di numerosi anelli bianchi.
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La
foca monaca.
Forse un tempo, molto lontano, erano abbastanza frequenti gli
incontri con la foca monaca che nuotava libera nel mare. Forse
era proprio la sensuale, misteriosa sirena di cui parlavano i
naviganti. Della quasi estinta �foca monaca", oggi esistono
pochissimi esemplari nel mediterraneo e gli avvistamenti sono
talmente rari che quando n’� individuata una il fatto diventa di
gran portata per biologi e ricercatori. Conosciuta anche col nome
di bue marino, � un mammifero molto intelligente, che a causa
delle attivit� umane � stata condannato all’estinzione. Un tempo
popolava l’intero Mediterraneo, dalle coste africane, all’Egeo ed
alle isole centrali, ma l’escalation delle situazioni inquinanti,
il turismo di massa ed una pesca meccanizzata ne hanno sterminato
la specie. Si stima che oggi sopravvivano dai 300 ai 400
esemplari, 150-200 nell’Egeo, un paio di dozzine nel Mediterraneo
occidentale, una decina nel Mar Nero e 130 in Atlantico sulle
Coste della Mauritania. In Italia nelle coste tradizionalmente
frequentate dalle foche oggi non si conoscono pi� nuclei
produttivi, tanto che la specie � stata dichiarata estinta nelle
acque italiane. Solo sporadici avvistamenti e molte speranze d i
un ritorno nelle localit� storiche come il Golfo di Orosei e
nelle Egadi.
L'esistenza riservata di cui hanno bisogno questi animali per
vivere non concorda con la politica "turistica" sostenuta per le
note esigenze economiche. Le foche monache hanno dovuto cos�
adattarsi a divenire delle cavernicole per sopravvivere,
attitudine non proprio consona ad una specie abituata alla
libert� nei mari.
La foca monaca (Monachus monachus) della famiglia Focidi, � un
mammifero che pu� arrivare ad una lunghezza di circa tre metri e
a quattrocento chilogrammi di peso circa. Il suo colore d� sul
marrone-grigio sul dorso, mentre � pi� chiaro sul ventre,
chiazzato di macchie biancastre. Le punte del pelo foltissimo
tendono al giallastro, soprattutto negli esemplari pi� anziani.
La foca monaca � quasi priva di sottopelo, al contrario delle
foche che vivono nei mari freddi. Si ciba esclusivamente di pesce
azzurro e, per tale motivo, incappa spesso nelle reti da posta
dislocate in gran quantit� nel nostri mari.
Il suo habitat � ormai quasi esclusivamente quello delle acque
costiere nei pressi delle coste rocciose e inaccessibili, ove
esistono grotte sommerse e caverne nelle quali riesce a partorire
e ad allevare i cuccioli. E’ una specie dichiarata in estinzione
e perci� � protetta dalle leggi in materia di tutti i Paesi
mediterranei.
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Il riccio comune
I
riccio comune (Erinaceus europeaus) � presente nella regione
paleoartica in circa 14 specie. In Italia � presente in due specie:
il riccio comune, ampiamente diffuso nella penisola e in tutta
l'Europa centrale e occidentale e il riccio orientale, limitato alle
regioni dell'Europa orientale, ad est fino all'estrema Siberia e a
sud fino all'Asia minore, sporadicamente presente in Italia (Friuli
Venezia Giulia e al Trentino Alto Adige).
Il
riccio comune � pi� diffuso: frequenta terreni aperti, coltivi e
boschi fino a circa 1000 m d'altitudine. Occasionalmente pu� essere
presente anche a quote pi� elevate, generalmente in prossimit� d'insediamenti umani. Si nutre principalmente d'invertebrati terrestri,
sfrutta abilmente anche fonti trofiche sussidiarie, quali rifiuti
alimentari o cibo per cani e gatti, che rinviene nei pressi delle
abitazioni. Preda le uova. Le prede naturali sono costituite
principalmente da lombrichi, coleotteri, bruchi e larve d'insetti,
che questo
animale ricerca nei prati e lungo le siepi durante le sue lunghe
peregrinazioni notturne (un paio di chilometri), perlustrando
meticolosamente il terreno con l'aiuto dell'olfatto. Durante
quest'operazione sbuffa, ansima e smuove il fogliame abbastanza rumorosamente. I maschi di norma compiono
spostamenti maggiori delle femmine, soprattutto durante il
periodo riproduttivo, in ogni caso gli spostamenti dipendono anche
all'abbondanza di cibo. Il riccio non � un animale strettamente
territoriale e pi� esemplari possono utilizzare le stesse zone.
Durante il giorno rimane inattivo nel nido, che
si costruisce tra la vegetazione, sotto arbusti e rovi, o tra le
radici degli alberi. I nidi sono ben mimetizzati e difficilmente
individuabili.
Generalmente sono costituiti da foglie secche o altro materiale
vegetale che il riccio ammassa in un piccolo cumulo, per ricavare poi
all'interno una piccola camera per il ricovero.
I nidi invernali, utilizzati per il letargo, hanno una struttura pi�
solida di quelli estivi e vengono isolati meglio. Non � raro scovare
un riccio, in inverno, nascosto sotto una catasta di legna, mucchi di
fieno o fascine.
Occasionalmente il riccio scava nel terreno una piccola tana o
utilizza quelle abbandonate da altri animali. Generalmente un Riccio
ritorna regolarmente al medesimo nido anche se, soprattutto nel
periodo estivo, un animale pu� utilizzare pi� nidi temporanei.
Una delle attivit� che comportano un elevato dispendio energetico �
il mantenimento della temperatura corporea. Per tale ragione durante
il letargo essa scende dai normali 35�C a meno di 10�C.
Inoltre altre funzioni vitali quali la frequenza respiratoria e
quella del battito cardiaco, vengono rallentate.
La riproduzione si protrae da aprile a settembre. L'accoppiamento
� preceduto dal corteggiamento che si sviluppa secondo un rituale
caratteristico. Al l'approssimarsi del maschio la femmina reagisce
aggressivamente, erigendo gli aculei e sbuffando fragorosamente. Il
maschio nel tentativo di aggirare la femmina compie dei circoli
intorno ad essa, mentre la femmina lo fronteggia porgendo il capo o
il fianco, soffiando e sbuffando. Questo rituale pu� durare da alcuni
minuti ad alcune ore, e spesso non � seguito dall'accoppiamento.
Inoltre solo in una bassa percentuale di accoppiamenti avviene la
fecondazione. La gestazione dura 5 settimane. Le cucciolate sono
mediamente costituite da 4/5 piccoli, che diventano indipendenti e si
allontanano dalla madre a circa 6 settimane d'et�. Solo
occasionalmente le femmine portano a termine due gravidanze nella
stessa stagione. Ci� si verifica in genere solo se la prima ha avuto
esito negativo. I parti tardivi sono solitamente destinati al
fallimento perch� se i piccoli non
raggiungono i 400-500 g di peso prima del letargo invernale
difficilmente potranno sopravvivere.
Alla nascita i cuccioli di riccio sono nudi e apparentemente privi di
aculei. In realt� circa un centinaio di spine prive di pigmentazione
giacciono sotto la pelle del dorso e dopo circa un'ora dalla nascita
esse iniziano ad emergere. Ad una settimana d'et� i piccoli ricci
acquisiscono la capacit� di erigere gli aculei e dopo due settimane
sono in grado di appallottolarsi. I cuccioli crescono rapidamente:
dopo 40 giorni essi pesano circa 200 g. Il peso massimo, varia tra
800 - 1500 g e viene raggiunto a circa due anni; la maturit� sessuale
viene raggiunta dopo soli 9 mesi.
Gli aculei sono la caratteristica distintiva del riccio. Si
tratta di peli trasformati, di circa 2-3 cm di lunghezza e con un
diametro di 2 mm, terminanti con un'estremit� molto appuntita. Alla
base presentano un tratto pi� sottile, leggermente curvato
all'indietro, la cui funzione sembra essere quella di attutire gli
urti, consentendo all'aculeo di piegarsi elasticamente. I Ricci
infatti non temono le cadute, che affrontano erigendo gli aculei per
assorbire l'impatto. Gli aculei terminano con un bulbo emisferico
inserito nel derma; ciascun aculeo � eretto da un proprio muscolo. Le
spine, erette in diverse direzioni, si sovrappongono formando un
intricato, impenetrabile groviglio pungente. Il numero degli aculei
dipende dall'et� e dalle dimensioni degli esemplari: negli adulti di
riccio europeo se ne possono contare pi� di 5000, in alcuni casi fino
a 7500. Come tutti i mammiferi, anche il riccio muta periodicamente
la loro "pelliccia". Diversamente dagli altri insettivori (talpe e
topiragno), il riccio non ha una muta regolare due volte all'anno. La
crescita e la sostituzione degli aculei avviene continuamente ma con
ritmi piuttosto lenti: un aculeo viene mantenuto per pi� di un anno e
mezzo prima di essere sostituito. In questo modo il riccio non resta
mai indifeso.
Il riccio riesce ad appallottolarsi se disturbato o
minacciato. Questo animale � infatti in grado di ripiegarsi
completamente su se stesso fino a diventare un'impenetrabile
pallottola di spine. Cosi facendo i Ricci proteggono il proprio corpo
pur mantenendo occhi e orecchie aperte. "L'appallottolamento"
completo avviene generalmente solo in seguito ad un contatto fisico.
In questo caso l'animale rannicchia le zampe, ripiega ventralmente
capo e coda e contrae la muscolatura circolare, che funziona come la
stringa di una borsa a secchiello. La contrazione della muscolatura
provoca l'erezione degli aculei. In questa posizione l'animale �
completamente protetto all'interno di un involucro di spine
impenetrabile. Un Riccio pu� stare cos� "rinchiuso" per ore!
Il riccio a volte ha uno strano comportamento chiamato "self-annointing", termine che in italiano viene tradotto come
"auto-sputo". In certe situazioni abbandona improvvisamente le
normali attivit� e produce grandi quantit� di saliva dall'aspetto
schiumoso, con cui si cosparge il corpo. La lingua viene estroflessa
e passata sopra gli aculei del dorso e dei fianchi, mentre il corpo
si contorce nel tentativo di consentire all'animale di leccare anche
le zone pi� distanti. Generalmente questo comportamento dura solo un
paio di minuti, ma a volte pu� protrarsi anche per una decina di
minuti e pi�. Una volta concluso il riccio torna all'attivit�
precedentemente sospesa. Alcuni ritengono che il "self-annointing"
possa servire per eliminare i parassiti dal corpo. Allo stato
selvatico il riccio, dopo aver masticato la pelle dei rospi (che
contiene sostanze alcaloidi irritanti), manifesta questo
comportamento e ci� ha indotto alcuni studiosi a ipotizzare che il
riccio sfrutti le caratteristiche irritanti di alcune sostanze per
aumentare l'efficacia difensiva della propria corazza di spine. C'�
chi pensa che cospargere il proprio corpo con la saliva sia un
meccanismo per diffondere in modo pi� evidente il proprio odore, e
abbia quindi la funzione di rivendicare la propria territorialit� o
di richiamare l'attenzione dei partner durante il periodo
riproduttivo.
TOP
I
Toporagni, le crocidure ed il mustiolo
Il
toporagno nano (Sorex minutus), il
toporagno comune (Sorex araneus),
il toporagno alpino (Sorex
alpinus), il toporagno acquaiolo
(Neomys fodiens), il
toporagno acquaiolo di Miller (Neomys anomalus), il
mustiolo (Sancus etruscus), la
crocidura minore (Crocidura
suaveolens) e la crocidura dal
ventre bianco (Crocidura leucodum) sono mammiferi simili a topi,
di piccole dimensioni, con il muso lungo e appuntito e la pelliccia
densa e morbida. Hanno gli occhi molto piccoli e le orecchie, spesso
nascoste dal pelo, sono minute e arrotondate. Sono tutti predatori
d'invertebrati ed appartengono alla famiglia dei Soricidi e
all'ordine degli Insettivori. Tra tutti gli Insettivori costituiscono
il gruppo che ha avuto il maggiore successo, sia per il numero di
specie (circa 250), sia per la loro distribuzione geografica. Sono
infatti diffusi in tutto il mondo con esclusione dell'America
meridionale e dell'Australia.
Generalmente gli insettivori sono considerati dei mammiferi molto
antichi, comparsi probabilmente a cavallo del tardo Eocene e
l'inizio dell'Olocene, periodo in cui si estinsero i dinosauri, e
sino ad oggi non sembrano aver modificato di molto il loro aspetto. I
toporagni infatti presentano alcuni caratteri considerati tipici dei
primi mammiferi comparsi sulla terra. Ad esempio la locomozione � di
tipo plantigrado e le zampe, semplici e non specializzate, sono
munite di cinque dita. Il cranio � di forma allungata, stretto e il
cervello � piccolo; gli emisferi cerebrali, che nei mammiferi pi�
evoluti occupano la maggior parte del cervello, nei toporagni sono
ridotti, segno di intelligenza non molto sviluppata. Anche nella
struttura dello scheletro si possono riconoscere ricordi del passato:
l'arcata zigomatica, caratteristica di molti mammiferi tra i quali i
roditori, � assente e inoltre la mandibola presenta una doppia
articolazione.
I toporagni hanno dimensioni generalmente minuscole e tra essi si
annoverano i mammiferi pi� piccoli al mondo. Uno di questi � il
mustiolo etrusco, che vive anche nelle nostre regioni: pesa al
massimo due grammi ed � lungo 5 cm coda compresa.
Proprio per le dimensioni cos� modeste, i toporagni hanno un elevato
rapporto superficie corporea/volume che si traduce in pratica con una
forte dispersione di calore corporeo. Per compensare tali perdite
sono quindi costretti a mangiare in continuazione; i toporagni sono
infatti noti per la loro voracit� tanto che in un giorno abbisognano
di una quantit� di prede pari al loro peso corporeo. Sono animali
molto resistenti al freddo e al caldo ma non sopportano il digiuno;
alcune specie devono cibarsi ogni 2 o 3 ore. Ci� � dovuto al fatto
che la loro digestione � rapida e l'intestino si svuota completamente
nell'arco di un paio d'ore.
Ritmi di vita cos� elevati hanno come logica conseguenza un
esaurimento precoce dell'intero organismo; questi piccoli predatori
sono animali molto poco longevi: i Soricidi per esempio non superano
in media i 15 mesi di vita, mentre le Crocidure possono raggiungere
anche i 2 anni di et�. Tale differenza � dovuta al diverso ritmo di
attivit� che caratterizza le specie: le Crocidure posseggono un
metabolismo per certi aspetti pi� rallentato dei toporagni a denti
rossi e questo consente loro di risparmiare molte pi� energie.
Nei Toporagni a denti rossi l'inverno viene superato soltanto dagli
esemplari pi� giovani, gli adulti difficilmente raggiungono una
seconda primavera e soccombono inesorabilmente alle prime avvisaglie
di freddo. Alla fine dell'inverno le popolazioni di questi animali
sono quindi composte soltanto da individui nati nell'estate
precedente e che hanno trascorso la stagione fredda come immaturi.
Per poter sopravvivere al rigido inverno, i Toporagni hanno
sviluppato un'interessante strategia che consente loro di ridurre il
proprio fabbisogno alimentare. In questo periodo non solo la crescita
si arresta ma addirittura diminuiscono le dimensioni corporee. Tale
fenomeno, noto come "fenomeno di Dehnel", consiste nella
diminuzione del volume e del peso di alcuni organi importanti e delle
dimensioni della scatola craniale. Esso � tipico delle specie che
vivono in ambienti freddi, come l'Europa, l'Asia e l'America
settentrionale.
Una delle peculiarit� dei Toporagni � di avere sempre un forte odore
di muschio, molto marcato soprattutto nelle Crocidure. Tale odore,
frutto delle secrezioni di varie ghiandole sparse sul corpo, ha
evidentemente una funzione sociale. Serve infatti a marcare i
territori, a segnalare lo stato d'animo o la disponibilit�
all'accoppiamento. I toporagni comunicano inoltre attraverso
numerosi suoni, alcuni dei quali molto acuti, o addirittura con gli
ultrasuoni. Generalmente sono animali solitari. L'incontro tra due
individui della stessa specie scatena una serie di comportamenti
stereotipati costituiti da attacchi, presentazione della dentatura e
tentativi di morsi, accompagnati da sonori squittii.
Il periodo riproduttivo va dalla primavera sino alla met�
dell'autunno e il maggior numero delle nascite avviene tra giugno e
agosto. Dopo un periodo di gestazione di 25 giorni circa, la femmina
partorisce da 3 a 7 piccoli, a seconda della specie. I piccoli
rimangono al nido per circa tre settimane e a 25 giorni di vita sono
completamente indipendenti.
La
dentatura dei Toporagni � sorprendentemente specializzata ed �
costituita da un minimo di 26 a un massimo di 32 denti secondo le
varie specie. I primi incisivi superiori sono molto prominenti e con
due evidenti cuspidi prolungate in avanti; quelli inferiori sono
molto allungati e appuntiti e, accoppiati ai superiori, funzionano
come una minuscola ma precisa pinza per afferrare le prede. Gli altri
denti sono minuti e ricchi di cuspidi e perfettamente costruiti per
frantumare il duro, chitinoso esoscheletro dei coleotteri e degli
altri artropodi che costituiscono la parte pi� importante della loro
dieta.
I toporagni d'acqua del genere Neomys e le Blarina dell'America
settentrionale producono una secrezione tossica che viene inoculata
attraverso la saliva e che serve loro per immobilizzare le prede pi�
grosse come rane e avannotti, agendo sul sistema nervoso. Il
termine toporagno in effetti deriv� dalla credenza che questi
piccoli Insettivori avessero un morso velenoso. Aristotele nel suo
Historia Animalium a proposito dell'effetto del morso di un toporagno
sul cavallo scrisse: i morsi del toporagno sono pericolosi per il
cavallo cosi come per altri animali da carico perch� provoca lo
sviluppo di vesciche. Il morso inoltre � ancora pi� pericoloso se il
toporagno che morde � una femmina gravida. In verit� il morso di
questi piccoli mammiferi per l'uomo e per gli animali domestici �
assolutamente innocuo, anche perch� ben difficilmente riescono a
scalfire la pelle con il loro piccoli denti.
La ricerca della preda avviene soprattutto utilizzando l'odorato.
Grazie alla grande mobilit� del loro lungo muso cartilagineo, i
toporagni grufolano tra le foglie e nel terreno alla ricerca di larve
e pupe di insetti e sono in grado di sentirne l'odore anche se esse
sono ben nascoste sotto alcuni centimetri di terriccio. Le prede pi�
mobili sono individuate tramite l'udito e persino attraverso l'ecolocazione.
Nelle specie acquatiche il fiuto ha minore importanza e le prede sono
individuate grazie alle vibrisse del muso riccamente innervate.
Ogni specie possiede un preciso regime alimentare nonch� dei periodi
di attivit� ben definiti e spesso sulle rive ricche di vegetazione �
possibile trovare in perfetta sintonia anche 5 specie diverse di
toporagni per le quali i torrenti e le torbiere rappresentano gli
habitat esclusivi. Nelle comunit� di Toporagni comunque si nota
sempre la dominanza di una specie sulle altre. Labilit� a sfruttare
le risorse di un ambiente � alla base della colonizzazione di certe
localit� da parte di alcune specie piuttosto che altre.
TOP
Il ghiro,
il moscardino, il topo quercino e il driomio
La famiglia
dei Ghiridi, o Myoxidi, � costituita complessivamente da 20
specie, quattro delle quali vivono in Italia. Sono tutti roditori
notturni dai costumi tipicamente forestali e arboricoli,
caratterizzati da una coda lunga ricoperta di pelliccia pi� o meno
fitta, che utilizzano come bilanciere per muoversi agilmente tra i
rami degli alberi e compiere lunghi salti.
Delle
quattro specie italiane, il ghiro � sicuramente il pi� noto, sia per
l'aspetto simile allo scoiattolo sia per il fatto che si spinge
volentieri a frequentare le baite e le abitazioni umane. Le altre
specie, pi� tipicamente abitatrici di siepi e foreste, sono raramente
avvistabili in natura. Di queste risulta pi� facile rinvenirne i nidi
o le tracce lasciate dopo il pasto.
Il ghiro (Myoxsus glis) e il
topo quercino (Eliomys
quercinus) sono le specie pi� grandi, con una lunghezza del corpo
variabile tra i 10 e i 20 cm e un peso tra i 45 e i 180 g. La
pelliccia del ghiro sul dorso � di colore grigio cenere, mentre il
ventre � di colore bianco crema; la coda, lunga e folta, � di colore
bruno chiaro. Attorno ai grandi occhi scuri � presente un anello nero
e il muso � provvisto di numerose e lunghe vibrisse.
Il topo quercino, leggermente pi� piccolo e slanciato del ghiro, �
facilmente riconoscibile per le grandi orecchie e per la variopinta
colorazione; le parti superiori sono infatti di un bel colore bruno
rossiccio e il muso appuntito � ornato da una vistosa maschera. Il
ventre � bianco candido e contrasta nettamente con il resto del
corpo. La coda � cilindrica, lunga quanto il corpo, ricoperta di
corti peli, neri dorsalmente e bianchi ventralmente, con un vistoso e
candido ciuffo apicale.
Le altre due specie, il moscardino (Muscardinus
avellanarius) e il driomio (Dryomys
nitedula), sono pi� piccole e non superando normalmente i 20 cm di
lunghezza, coda compresa.
Il
moscardino � facilmente riconoscibile per la colorazione
arancione o bruno
rossiccia
del dorso e della coda. Le parti inferiori sono pi� chiare, a volte
addirittura candide. I grandi occhi neri, che denotano le abitudini
notturne, sono cerchiati di scuro. Il driomio si presenta con una
colorazione simile a quella del ghiro, con il dorso grigiastro e il
ventre di colore bianco giallognolo. Pu� essere facilmente confuso
con i giovani di quest'ultima specie, ma sul muso presenta
un'evidente mascherina nera e all'apice della coda un ciuffo di peli
bianchi.
Il ghiro � un autentico funambolo, in grado d'arrampicarsi con
agilit� anche su pareti verticali e lungo i muri delle case. Possiede
zampe specializzate, munite di morbidi cuscinetti che aderiscono
perfettam�nte alle minime asperit� delle rocce e dei tronchi. Il
moscardino, se spaventato, tende a salire lungo i fusti degli alberi
e dei cespugli per nascondersi alla vista d'eventuali predatori
immobilizzandosi prontamente dietro ai tronchi. Il ghiro � in grado
di correre lungo i cavi telefonici con sorprendente agilit� e sfrutta
questa via per intrufolarsi nei sottotetti delle case poste al
limitare dei boschi. Tutti i gliridi sono in grado di compiere salti
notevoli, lanciandosi a zampe aperte verso un possibile appiglio,
assumendo comportamento simile alle scimmie e agli scoiattoli
volanti.
Il
Ghiro � la specie pi� comune, preferisce colonizzare i boschi di
latifoglie, soprattutto faggete montane dal fondovalle sino ai 1500
m. Durante la buona stagione per� si spinge anche al limite del bosco
e frequenta persino i macereti d'alta quota e le mughete sino quasi
ai 2000 m. (� stato osservato sulle Pale di S. Martino). Anche le
vecchie frane costituiscono per il ghiro un ambiente ideale; grazie
all'abilit� con cui � in grado d'arrampicarsi lungo le pareti
verticali colonizza anche le falesie rocciose ricche d'anfratti e di
crepe, all'interno delle quali trova dei sicuri rifugi nei quali
costruire il nido, allevare la prole o semplicemente trascorrere le
ore del giorno.
L'habitat
pi� tipico del topo quercino � costituito dagli ambienti rupestri
all'interno dei boschi. Meno frequente dei ghiro, � presente tra
l'altro sulle Piccole Dolomiti, sul Lagorai, sulle Pale di S.
Martino, sui versanti meridionali e orientali del gruppo di Brenta.
Il topo quercino pu� vivere in quota sino a 2000 m, colonizzando le
sassaie, dove l'alternanza di cumuli di rocce e di superfici
arbustate a pino mugo, ontano verde, rododendro e altre ericacee,
crea un habitat idoneo. Anche le pinete di pino silvestre misto con
latifoglie termofile come la roverella, il carpino nero, la lantana,
il pero corvino, e con un ricco sottobosco di erica, sono ambienti
frequentati dal topo quercino.
Il driomio � molto meno diffuso delle due specie precedenti ed
� anche il meno conosciuto. E' legato principalmente ai boschi di
conifere umidi e con un ricco sottobosco di ericacee, come il
mirtillo e il rododendro, questo autentico folletto dei boschi �
stato osservato sempre molto di rado. Poco diffuso, si trova
sicuramente sulle montagne del Friuli Venezia-Giulia, del Veneto e
dell'Alto Adige e, con una popolazione isolata, Sila, Aspromonte e
Pollino e Trentino.
Delle quattro specie, il moscardino � il ghiride probabilmente pi�
esigente nella scelta dell'habitat, poich� necessita della presenza
contemporanea di molte specie arboree e arbustive. A causa della
dieta specializzata a base di nettare, frutti, bacche e insetti, ha
bisogno di spostarsi stagionalmente per trovare il cibo ideale. La
presenza di una serie di piante che possano fiorire e fruttificare
gradualmente dalla primavera sino all'autunno � quindi di grande
importanza. Al risveglio dal letargo viene attratto dalle ricche
fioriture del biancospino e del prugnolo, tra le quali pu� ricercare
anche numerosi insetti; in seguito il moscardino si spinge sulle
chiome degli aceri e dei tigli, sui rovi, sui lamponi e tra i
cespugli del caprifoglio, dei cui fiori sembra particolarmente
ghiotto. Da una dieta primaverile ed estiva basata quasi
esclusivamente sui fiori, nella tarda estate e in autunno il
moscardino passa ad alimentarsi di frutti e nocciole. Il periodo pi�
difficile per questo piccolo ghiride coincide con il mese di luglio,
durante il quale terminano le fioriture e iniziano le fruttificazioni.
Nel pieno dell'estate diventa allora un attivo predatore di bruchi di
lepidotteri e persino un
saccheggiatore di colonie di afidi. Nonostante le sue
particolarissime esigenze alimentari, il moscardino � comunque
diffuso in tutti gli habitat boschivi. Le siepi ai margini dei
coltivi e persino le mughete, le pinete di pino silvestre e il
margine delle peccete costituiscono per il piccolo ghiride degli
habitat potenzialmente adatti.
Ghiro e moscardino sono essenzialmente dei vegetariani. Il ghiro si
ciba prevalentemente di frutta, noci, ghiande, nocciole e faggiole.
Il moscardino mangia anche fiori, nettare e polline.
Il ghiro, il topo quercino e il driomio entrano persino nelle case e
si cibano di qualunque tipo di alimento, sia proteico che vegetale.
Assai ghiotti di frutta, hanno l'abitudine di roderne piccole
porzioni, rendendosi in questo modo assai dannosi ai frutteti. Il
ghiro e il topo quercino possono talvolta arrecare seri danni anche
al patrimonio forestale causando delle decorticazioni anulari sui
cimali delle conifere e sui rami del faggio e di altre latifoglie
provocando il disseccamento della parte colpita. Questo fenomeno si
verifica soprattutto in primavera, quando gli animali si risvegliano
dal letargo. il moscardino decortica a volte i salici e i noccioli.
Il ghiro e il topo quercino emettono suoni molto vari e articolati.
Quando sono disturbati al nido per esempio emettono un caratteristico
brusio, simile al ronzare di uno sciame di vespe, ed � possibile che
lo scopo sia d'intimidire con questi suoni l'eventuale predatore.
Nelle sere estive non � raro udire i brontolii, simili a colpi di
tosse, emessi dai ghiri mentre il verso utilizzato dalla femmina del
topo quercino per riunire i cuccioli � uno squittio rapido e
ripetuto, molto simile al segnale di contatto del codibugnolo, un
piccolo uccello della famiglia delle cince.
Tutte quattro le specie costruiscono dei nidi di forma sferica nel
fitto dei cespugli o nella chioma degli alberi. Il nido del
moscardino � sicuramente il pi� noto, ben visibile durante l'inverno,
dopo la caduta delle foglie. Viene preparato dalla femmina che lo
utilizza per allevare i piccoli. Tali nidi sono costruiti
intrecciando fili d'erba, fili di corteccia e foglie. Internamente il
nido � imbottito di muschi e licheni e di materiale pi� fine e molto
spesso � sprovvisto d'ingresso. gli occupanti infatti escono ed
entrano dalle pareti scostando delicatamente il materiale
intrecciato. Gli individui non in riproduzione durante il giorno
possono utilizzare molti altri ricoveri, come i nidi d'uccelli o di
scoiattoli, le cavit� nelle ceppaie o le fessure nelle rocce.
Molto spesso i ghiridi utilizzano anche i nidi artificiali, collocati
per favorire la nidificazione d'alcuni uccelli. Il ghiro e il
moscardino ad esempio occupano volentieri le cassette nido per cince
e molto spesso vi si riproducono. In minor misura tali ricoveri sono
utilizzati anche dal topo quercino e dal driomio. Sono stati studiati
anche dei modelli di cassette nido particolarmente adatti alle loro
esigenze. Le cassette nido comunque sono utilizzate soprattutto
durante la buona stagione mentre in inverno quasi tutte le specie
preferiscono ritirarsi ben protette in un nido invernale sotterraneo.
Solo il topo quercino, diversamente dagli altri ghiridi, riesce a
svernare perfettamente anche nelle cassette nido.
La stagione riproduttiva nei ghiridi inizia molto pi� tardi rispetto
ad altri roditori a causa del letargo che nella maggior parte dei
casi si prolunga sino all'inizio di maggio. Immediatamente dopo il
risveglio cominciano quindi gli accoppiamenti e tra giugno e agosto
avvengono i parti. Nel ghiro, in particolare, si verifica
un'interessante strategia riproduttiva, basata sulla cooperazione
nell'allevamento dei piccoli. Due o, pi� raramente, tre femmine
possano allevare i cuccioli nello stesso nido. Le femmine anziane,
pi� esperte nell'allevamento dei cuccioli, tendono ad accoppiarsi per
prime anticipando quindi la data del parto e danno alla luce un
numero maggiore di piccoli rispetto alle femmine pi� giovani. Alla
fine di luglio avvengono i primi parti; in questo periodo le
disponibilit� trofiche non sono per� molto abbondanti e a causa del
l'allattamento intenso, le madri perdono rapidamente molto peso. Tale
svantaggio immediato viene ampiamente compensato dalle maggiori
dimensioni che i cuccioli nati per primi raggiungeranno in autunno,
prima del letargo. Le giovani femmine invece concentrano i parti
nella seconda met� della stagione riproduttiva, tra la prima decina e
la fine di agosto, periodo durante il quale le disponibilit� trofiche
sono maggiori. La nidificazione in nidi comuni, quindi, e la
cooperazione tra femmine di varie et� nell'allevamento dei cuccioli,
riscontrata peraltro anche nel moscardino, consente alle femmine pi�
anziane di partorire per prime compensando cosi gli svantaggi legati
all'anticipazione della stagione riproduttiva. E' particolarmente
interessante osservare che in molti casi le femmine che cooperano tra
loro nell'allevamento dei cuccioli sono imparentate tra loro,
trattandosi spesso di madre e figlie dell'anno precedente. Le
cucciolate
sono composte normalmente da 4-6 piccoli che rimangono con la madre
per circa due mesi, un periodo molto lungo se si considera che nei
topi selvatici e nelle arvicole i piccoli sono indipendenti gi� dopo
una ventina di giorni. Sulle Alpi i ghiridi si riproducono una sola
volta all'anno, e rappresentano un buon esempio di animali a
strategia K, che possiedono cio� un tasso riproduttivo basso,
bilanciato per� da un elevato successo di sopravvivenza dei giovani e
da una maggiore longevit�.
I ghiridi rappresentano per alcuni carnivori delle prede tutt'altro
che trascurabili. in determinate localit� il ghiro infatti
costituisce fonte di cibo importante per i due pi� grossi uccelli
rapaci che vivono nelle nostre montagne: l'aquila reale e il gufo
reale. Entrambi lo cacciano sorvolando all'imbrunire le foreste e
ghermendo gli esemplari sorpresi sui rami pi� alti degli alberi. Nei
nidi di questi due grandi predatori non � raro trovare resti di ghiro
e peli di questi animali sono rintracciabili facilmente nelle borre
rigurgitate e lasciate cadere alla base dei siti di nidificazione. La
civetta capogrosso e l'allocco sono altri due predatori del
moscardino e persino del driomio, anche se la predazione a carico di
questi roditori � piuttosto occasionale. Tra i mustelidi, attivi
predatori dei ghiridi sono la martora e la faina, che cacciano
frequentemente il ghiro e il moscardino, mentre l'ermellino preda
occasionalmente il topo quercino, che insegue tra le rocce nei
macereti d'alta quota. I ghiridi, al pari d'altri roditori, possono
perdere la pelle della coda se questa viene afferrata da un
predatore. In seguito le vertebre scorticate si disseccano
rapidamente e cadono. Rinvenire individui di ghiro o di topo quercino
con la coda mozza � un fatto abbastanza consueto.
Il moscardino pesa quanto un topo selvatico o un'arvicola; mentre
per� nella maggior parte dei casi i due roditori terragni non vivono
pi� di 6 mesi, e solo raramente raggiungono i due anni di et�, il
piccolo ghiro in natura raggiunge normalmente i 3 anni d'et� e
occasionalmente pu� superare i 4 anni.
Anche il topo quercino pu� vivere sino a 5 anni, anche se di solito
la maggior parte degli individui non supera il terzo anno di et� e il
ghiro addirittura pu� raggiungere i 10 anni di vita. Il letargo
invernale e il torpore estivo, evidentemente fanno risparmiare ai
ghiridi molte energie, il che si traduce nella possibilit� di vivere
pi� a lungo dei loro "cugini" topi e arvicole. In ogni caso,
contrariamente a quanto avviene per altri micromammiferi, la
predazione non � il fattore limitante pi� importante nelle
popolazioni dei ghiridi. Durante il letargo si possono verificare
perdite anche di oltre il 40% degli individui svernanti a causa
principalmente dello scarso peso dei giovani che sovente giungono
alle soglie dell'inverno abbondantemente sottonutriti, con riserve di
grasso insufficienti per sopravvivere fino a primavera.
TOP
Le
arvicole
Le
arvicole costituiscono un gruppo ben definito di roditori,
appartenenti alla sottofamiglia dei Microtini che nell'aspetto
ricordano i criceti. Differiscono da topi e ratti
per la coda corta e la struttura del corpo meno slanciata, pi�
tondeggiante. Le arvicole hanno la testa poco distinta dal corpo,
caratterizzata da un muso pi� arrotondato, con occhi e padiglioni
auricolari piccoli e poco evidenti. In Italia troviamo 5 generi (Clethrionomys,
Arvicola, Microtus, Chionomys, Ondatra) per un totale di 10 specie.
L'arvicola
rossastra o campagnolo rossastro (Clethrionoys glareolus)
� molto diffusa e facilmente riconoscibile per la vivace colorazione
bruno-rossastra della pelliccia. Si trova in tutta l'Europa e
nell'Italia peninsulare, limitatamente alle zone boscose collinari e
montane, fino oltre i 2000 m d'altezza. Colonizza anche le brughiere
e le alnete ad ontano verde, cos� come le comunit� a megaforbie che
si sviluppano nei pressi delle malghe. E' diffusa nelle foreste di
latifoglie, in quelle di conifere e in quelle miste, purch� sia
presente al suolo una discreta copertura erbacea. Vive in gallerie
sotterranee scavate appena sotto la superficie del suolo. L'arvicola
nelle zone rocciose sfrutta gli interstizi e le fessure tra le rocce.
Il nido � collocato tra la vegetazione, sotto le radici delle ceppaie
o i tronchi abbattuti. L'arvicola si nutre principalmente di sostanze
vegetali, come parti verdi di piante, frutti, semi, funghi e
cortecce, ma non disdegna neppure alimenti d'origine animale come
larve d'insetti, che scova sul terreno e tra il fogliame. In alta
montagna alla fine dell'inverno sfrutta i fiori e le fronde delle
ericacee d'alta quota, mentre d'estate predilige le bacche di
mirtillo. Fanno parte della sua dieta anche le faggiole, i semi
d'abete rosso, i pinoli di cembro e le nocciole (che apre facilmente
grazie ai potenti incisivi). All'interno delle tane sotterranee
immagazzina scorte di cibo, soprattutto semi, ci� favorisce la
dispersione e la germinazione di quelli che non sono consumati. Il
periodo riproduttivo va dalla fine dell'inverno all'autunno e il suo
inizio varia in funzione dell'andamento climatico e della quota. Come
nelle altre arvicole, la gestazione dura una ventina di giorni e i
piccoli, generalmente da 1 a 6, sono svezzati dopo circa un mese. In
seguito all'arrivo dei nuovi nati, le popolazioni aumentano
numericamente durante l'estate per raggiungere il massimo nel tardo
autunno. D'inverno la mortalit� non � compensata da nuove nascite e
all'inizio della primavera le popolazioni si riducono al numero
minimo d'individui. La densit� delle popolazioni varia normalmente
tra i 10 e i 60 esemplari per ettaro. Questa specie sulle Alpi fa
registrare occasionali proliferazioni, che sembrano essere
susseguenti ad annate d'abbondante produzione di semi da parte delle
piante forestali, in particolare dell'abete rosso.
L'arvicola
agreste (Microtus agrestis) e quella campestre sono comunemente
definite "arvicole dei campi" poich� predominano negli ambienti
aperti, a differenza dell'arvicola sotterranea e di quella di Fatio,
note come "arvicole dei boschi". Queste ultime, comunque a differenza
dell'arvicola rossastra, non possono essere considerate specie
prettamente forestali, in quando prediligono le aree aperte e nei
boschi si insediano prevalentemente in corrispondenza di radure. Esse
hanno abitudini di vita pi� sotterranee rispetto alle "arvicole dei
campi" e presentano occhi e orecchie pi� piccoli. Una distinzione
morfologica tra i due raggruppamenti � la presenza di cinque
tubercoli plantari sulla pianta dei piedi posteriori nelle arvicole
dei boschi e di sei in quelle dei prati.
Arvicola campestre e arvicola agreste hanno aspetto e dimensioni
simili: pesano mediamente una trentina di grammi e hanno una
pelliccia marrone giallastra sul dorso e tendente al grigio sulla
parte ventrale. La colorazione � leggermente pi� scura nell'arvicola
agreste, che tra le due � quella di dimensioni maggiori ed � inoltre
caratterizzata da padiglioni auricolari provvisti di pelo anche
all'interno. L'areale di distribuzione di questa specie comprende
buona parte dell'Eurasia centro-settentrionale, dalla Spagna alla
Mongolia orientale, attraverso tutta l'Europa centrale e
settentrionale. La sua distribuzione in Italia � limitata all'arco
alpino orientale, tra il Friuli Venezia Giulia e il passo del
Brennero.
L'arvicola campestre (Microrus
arvalis) ha una distribuzione simile all'agreste, anche se a nord non supera il
60' parallelo ed � quindi assente dalla regione Scandinava. in Italia
il suo areale di diffusione � limitato alle regioni nord-orientali, e
non oltrepassa il Po a sud e le Alpi centrali ad occidente. Le
arvicole dei campi vivono in colonie numerose e scavano intricate
reti di gallerie nei prati, nei campi e nelle radure. L'arvicola
campestre colonizza prati e pascoli sia nei fondovalle che in quota,
purch� sia presente una fitta copertura erbacea, e predilige i
terreni freschi, profondi e ben drenati. Al contrario l'arvicola
agreste ama gli ambienti umidi. Per questo si rinviene sovente in
torbiere e prati allagati. Evita invece i terreni compatti e
fortemente costipati, come le zone utilizzate per il pascolo, dove s'insedia invece l'arvicola campestre. La presenza di piste tra l'erba
e fori sul terreno indica chiaramente l'attivit� di una colonia. La
terra smossa durante gli scavi viene portata all'esterno e dispersa
ai bordi delle imboccature delle gallerie. Gli ingressi di
quest'ultime sono tondeggianti, del diametro di un paio di
centimetri, facilmente identificabili anche per la frequente presenza
di steli d'erba sminuzzata o piccoli escrementi di forma allungata e
color verde brunastro.
Le gallerie sono generalmente piuttosto superficiali, provviste di
una camera nido scavata in profondit� e imbottita con frammenti di
steli d'erba o nascosta tra i cespi delle graminacee. Altre camere
possono essere adibite a magazzini per le riserve di cibo. D'inverno
le arvicole sfruttano maggiormente gli spostamenti sulla superficie
del suolo, al di sotto dello strato nevoso. in primavera, con lo
scioglimento della neve, si possono facilmente individuare le piste
utilizzate dagli animali durante la stagione fredda.
L'arvicola
di Fatio (Microtus -Terricola- multilpex) presenta una
distribuzione limitata alle regioni dell'arco alpino, dalle sue
estremit� occidentali fino alla Slovenia e all'Appennino
settentrionale fino alla Toscana. L'arvicola di Fatio � diffusa nei
fondovalle, nelle aree collinari e lungo la fascia montana, ma la si
pu� rinvenire anche a quote elevate in praterie o brughiere alpine.
Questo piccolo roditore, che mediamente pesa poco pi� di una ventina
di grammi, possiede una coda corda, lunga circa un terzo della
lunghezza complessiva del corpo, occhi assai piccoli e una pelliccia
di color fulvo-ocra.
La
simile arvicola sotterranea
(Microtus -Terricola- subterraneus) presenta un areale di
distribuzione molto pi� ampio, che copre tutta l'Europa centrale e
occidentale, dalla Bretagna alla Russia. Il limite meridionale passa
nell'Italia settentrionale, grossomodo lungo le Prealpi Veronesi.
Questo piccolo mammifero, sebbene possa colonizzare prati e giardini,
� pi� frequente lungo il margine dei boschi, nelle radure con fitta
copertura di graminacee, negli arbusteti a rododendro, mirtillo e
ginepro, nelle praterie alpine e nei pascoli in quota.
Occasionalmente colonizza i prati nitrofili che si sviluppano nei
pressi delle malghe.
Le arvicole si nutrono prevalentemente di steli d'erba, foglie e, in
misura minore, semi. Le arvicole dei campi durante l'inverno, quando
le altre fonti di cibo scarseggiano, possono attaccare la corteccia
di alberi e arbusti. Sono note le estese decorticazioni provocate
dall'arvicola campestre al colletto e all'apparato radicale delle
piante di melo. Danni analoghi possono essere provocati anche su
giovani piante d'interesse forestale. Le arvicole dei boschi, in
virt� delle loro abitudini sotterranee, sfruttano invece le parti
ipogee (tuberi, bulbi, rizomi e fittoni) di un gran numero di piante
erbacee, tra le quali molte d'interesse orticolo e floricolo. Possono
quindi causare danni negli orti e nelle piantagioni.
L'attivit� delle arvicole � generalmente polifasica. Esse nell'arco
delle ventiquattro ore alternano brevi momenti di attivit� ad altri
di riposo. In assenza di un'adeguata copertura vegetale l'attivit�
diurna generalmente diminuisce e gli animali si spostano in
superficie solo al calare delle tenebre, quando sono meno vulnerabili
all'attacco dei predatori.
L'arvicola
delle nevi (Chionomys nivalis) � quella che si spinge pi� in
quota e deve in suo nome alla localizzazione del suo habitat pi�
tipico: i macereti dei circhi glaciali, le morene e le frane oltre il
limite del bosco. E' un animale rupicolo, che necessita della
presenza di cumuli di pietre o di un suolo frammentato, ricco di
fessure e gallerie. Si arrampica agilmente, sfruttando le pi� piccole
rugosit� della roccia, e non � raro avvistarla anche durante scalate
in parete, mentre corre lungo le cenge. Il limite altitudinale
superiore per questa specie sulle Alpi � determinato dall'altezza
delle cime e dal limite inferiore dei ghiacciai: sul Monte Bianco ad
esempio � stata osservata a 4700 m d'altitudine. Sebbene l'arvicola
delle nevi sia pi� frequente negli ambienti aperti d'alta quota,
negli arbusteti e nelle brughiere alpine, essa � in grado di
colonizzare anche i boschi sviluppatisi su terreni rocciosi e di
spingersi fino al fondovalle, limitatamente alle zone caratterizzate
dalla presenza di ammassi detritici, di muretti a secco; si riscontra
talvolta in prossimit� di torrenti con sponde rocciose. L'arvicola
delle nevi non � una specie esclusivamente d'alta montagna, anche se
nella fascia alpina risulta particolarmente diffusa per la ricchezza
di habitat idonei. L'arvicola delle nevi presenta un areale
frammentato, esteso dalla Spagna all'Asia occidentale, ma limitato
alle regioni montuose dei Pirenei, delle Alpi, degli Appennini, dei
Carpazi, dei Balcani, del Libano, dell'Iran e del Caucaso. E'
facilmente riconoscibile per la colorazione grigia o grigio bruno
della folta pelliccia. Il ventre � assai pi� chiaro del dorso, e in
alcuni esemplari tende al grigio bianco. Le sue dimensioni sono
maggiori di quelle delle altre arvicole: il peso degli adulti � in
media di circa 40 g, anche se alcuni esemplari possono raggiungere e
superare i 50 g. Il muso tondo ed i lunghi baffi, che misurano fino a
6 cm, conferiscono a questo animale un aspetto particolarmente
simpatico. Vivendo tra gli interstizi delle rocce, a differenza delle
altre arvicole, quella delle nevi raramente scava gallerie. Il nido �
nascosto tra le rocce e imbottito di materiale vegetale. L'arvicola
delle nevi si ciba prevalentemente delle parti verdi delle piante e
delle loro radici. Rientrano nella sua dieta i fiori dello zafferano
alpino, della pulsatilla, del tarassaco, le foglie e i fiori dell'orminio
dei Pirenei, del rododendro e delle sassifraghe, nonch� le fronde e
le infiorescenze dell'erica e i giovani germogli di pino mugo e di
altre conifere. Questo microtino � attivo prevalentemente dopo il
crepuscolo, ma pu� essere avvistato anche di giorno: � un animale
piuttosto confidente, facile da avvistare quando esce allo scoperto
alla ricerca di cibo. Il periodo riproduttivo si estende dalla
primavera alla fine dell'estate, ma a quote basse pu� protrarsi fino
all'autunno. Rispetto alle altre arvicole il tasso di riproduzione � basso: generalmente hanno
luogo uno/due parti all'anno, in un nido posto sotto ad un sasso o in
una nicchia tra le rocce,
con
un numero di piccoli variabile da 1 a 5.
Il
tempo necessario per lo svezzamento � pi� lungo che nelle altre
arvicole, e dura una quarantina di giorni.
Le
popolazioni di arvicola delle nevi non sono mai particolarmente
numerose. Esistono delle lieve variazioni stagionali: le popolazioni
raggiungono un picco di densit� nella stagione autunnale; il numero
d'esemplari cala poi progressivamente per toccare il minimo a cavallo
tra la fine dell'inverno e l'inizio della primavera, in conseguenza
dell'alta mortalit� invernale non compensata da nuove nascite. Alcuni
studi condotti sulle Dolomiti trentine hanno evidenziato che la
densit� varia tra i 4 e gli 8 esemplari per ettaro. Raramente gli
home range d'esemplari adulti dello stesso sesso si
sovrappongono, dimostrando una spiccata territorialit�. Le
popolazioni sono piuttosto stabili negli anni, non soggette alle
fluttuazioni demografiche che caratterizzano le arvicole dei campi.
In natura
l'Arvicola delle nevi sopravvive mediamente per poco pi� di un anno;
alcuni esemplari sopravvivono al secondo inverno e partecipano a due
stagioni riproduttive.
Le "arvicole dei boschi" da alcuni specialisti vengono distinte dal
genere Microtus e raggruppate nel genere Pitymys, mentre altri le
attribuiscono al genere Terricola, che comprende esclusivamente
specie del Vecchio Mondo.
La
sistematica di questo gruppo � ancora controversa, cos� come lo �
l'attribuzione di specie a forme ancora in fase di studio ma che si
differenziano tra loro per il numero di cromosomi.
TOP
La talpa
europea o talpa comune
La
talpa (Talpa europaea) � ben conosciuta da tutti, anche se �
difficile da vedere, tutti conoscono le tracce che lascia: dei cumuli
di terriccio di forma conica che si possono vedere in qualunque
ambiente aperto. La talpa � un animale perfettamente adattato a
scavare nel terreno e trascorre la maggior parte della sua vita
sottoterra. Esce in superficie raramente per andare alla ricerca di
erbe e muschi che utilizza per imbottire il nido sotterraneo e compie
queste sortite durante la notte. E' diffusa in tutto il mondo con
specie quasi sempre adattate alla vita sotterranea; non mancano
tuttavia anche adattamenti alla vita acquatica e il rarissimo desman
dei Pirenei (Galemys pyrenaicus) e il simile desman russo (Desmana
moschata) ne sono un esempio.
In Italia vivono tre specie di talpe, due delle quali - la
talpa cieca (Talpa caeca) e quella romana (Talpa romana), sono
endemiche del nostro Paese.
La
Talpa europea o talpa comune � diffusissima nei prati, ai margini dei
coltivi, nelle vigne, nei frutteti, negli incolti sino oltre i
duemila metri di quota e ovviamente nei parchi negli orti e ne
giardini.
Questo insettivoro alterna periodi di attivit� ad altrettanti periodi
di sosta dedicati alla pulizia del pelo e al riposo. Il nido
principale � interamente foderato d'erbe e muschi e collocato in
genere tra le radici di un albero o di un cespuglio, a ridosso di un
muro o sotto una grossa pietra.
La talpa � un animale solitario ed aggressivo e soltanto
durante il periodo della riproduRaramente
gli home range d'esemplari adulti dello stesso sesso si
sovrappongono, dimostrando una spiccata territorialit�.zione tollera la presenza dei suoi
simili. Nella stagione riproduttiva, che inizia a febbraio, i maschi
sono alla frenetica ricerca di una femmina e in questi casi possono
sfruttare le stesse gallerie per spostarsi da un territorio ad un
altro. La femmina � recettiva all'accoppiamento per 1 o 2 giorni e
soltanto in questo periodo tollera la presenza di maschi nel suo
territorio. Dopo una gestazione di 4 settimane nascono sino a 4
piccoli, nudi, ciechi e completamente dipendenti dalla madre sino a
circa un mese di vita. I giovani diventano indipendenti all'et� di 2
mesi e mezzo; � questo il periodo pi� critico della loro vita, quando
scacciati dalla madre, devono andare alla ricerca di un nuovo
territorio, compiendo spesso delle sortite all'esterno con il rischio
di rimanere vittime di qualche predatore.
La condizione essenziale alla sopravvivenza della talpa � la presenza
di abbondanti scorte di cibo, costituite principalmente da lombrichi
e secondariamente da larve e crisalidi d'insetti. Essa preferisce
quindi vivere in terreni freschi, profondi e ben drenati, dove
ovviamente i lombrichi sono pi� abbondanti. La talpa caccia le sue
prede ispezionando almeno tre volte al giorno la fitta rete di
cunicoli che scava a vari livelli di profondit�. Il suo fabbisogno
alimentare � elevato: giornalmente infatti abbisogna per sopravvivere
di circa 50 g di cibo (una quantit�
pari alla met� del suo peso). Prima di mangiare un lombrico, la talpa
lo decapita e afferrandolo con le zampe anteriori lo strizza e lo
tira tra gli unghioni per pulirlo dalla terra e dalla sabbia. Questa
operazione si rende necessaria per evitare che terra e sabbia possano
consumarle eccessivamente i denti; infatti la causa di decesso pi�
frequente per la talpa � proprio l'usura dei denti e la conseguente
morte par fame. Quando incontra un numero elevato di lombrichi la
talpa ne cattura una grande quantit�, li paralizza con un morso in
prossimit� del clintello (sede dei centri nervosi) e li conserva vivi
in speciali magazzini collocati vicino al nido. Tali scorte saranno
utilizzate durante i periodi di scarsit� di prede, come nella
stagione invernale. Il numero di prede immagazzinate pu� essere
veramente elevato e in alcuni casi sono stati rinvenuti oltre 1500
lombrichi accumulati come scorta.
La talpa � accusata di compiere danni alle attivit� agricole. In
verit� essa � esclusivamente carnivora e le rosure delle radici, dei
tuberi e dei bulbi di varie piante erbacee o arboree che si
verificano con una certa frequenza negli orti e nei frutteti �
causata dalle arvicole e non dalla talpa. Occasionalmente, durante le
sue attivit� di scavo, essa pu� comunque rompere l'apparato radicale
di alcune piante. I cumuli di terriccio possono invece
costituire un problema da non sottovalutare soprattutto durante lo
sfalcio dell'erba. La terra accumulata, oltre che intasare le lame
delle falciatrici a motore o rovinare il filo di quelle a mano, pu�
provocare lo sviluppo di fermentazioni anomale nelle balle di fieno:
intatti il terriccio che accidentalmente viene inglobato nel fieno
durante le lavorazioni meccaniche pu� favorire il proliferare di
batteri responsabili di fermentazioni indesiderate. Inoltre la
presenza dei cumuli di terra nei tappeti erbosi dei giardini e dei
parchi e soprattutto nei campi da golf � difficilmente accettata! La
talpa un tempo era cacciata per la sua folta pelliccia utilizzata per
foderare guanti, giacche e cappotti o per confezionare le ciglia
finte per signore. Sino a pochi anni fa in alcune contrade esisteva
la figura del talparo,un artigiano specializzato nella caccia
all'astuto insettivoro. Il talparo offriva la sua opera ai contadini
che accusavano danni soprattutto ai prati da sfalcio e sistemava
sapientemente delle speciali trappole nei cunicoli delle talpe.
Alcuni usavano invece la vanga, attendendo pazientemente il passaggio
del povero animale in un punto preciso e uccidendolo con un secco
colpo di badile.
Oggi trappole e veleni specifici sono liberamente venduti e la talpa
� considerata un parassita alla stregua di topi e ratti.
TOP
Topi
e ratti
Ratti
e Topi appartengono alla sottofamiglia Murini, hanno un corpo
slanciato con muso allungato, i padiglioni auricolari ben evidenti e
sporgenti dalla pelliccia, gli occhi grandi e la coda lunga, nuda e
anulata. In Italia troviamo 8 specie, appartenenti ai generi Apodemus,
Micromys, Rattus e Mus.
Il
topo
selvatico (Appodemus silvaticus) � comune nei boschi, tra le
siepi, negli incolti cos� come nei giardini e nei coltivi. Il
topo
selvatico dal collo giallo (Apodemus flavicollis) � pi� legato
all'ambiente forestale e solo raramente lo si trova nelle zone
aperte. Il topo selvatico � presente a quote elevate (occasionalmente
lo si rinviene anche al di sopra dei 2000 m), mentre il topo
selvatico dal collo giallo pi� comune nei fondovalle. Questi roditori
colonizzino principalmente gli ambienti naturali e solo
occasionalmente arrivano ad intrufolarsi all'interno di malghe e
abitazioni alla ricerca di cibo e riparo in inverno. Le tane sono
generalmente scavate sotto le rocce o tra le radici degli alberi ed
imbottite di muschio o foglie secche. I topi selvatici s'arrampicano
agilmente sugli alberi e sugli arbusti, sfruttando la lunga coda come
bilanciere e non di rado utilizzano anche le cavit� degli alberi o i
nidi abbandonati dagli uccelli. Topo selvatico e topo selvatico dal
collo giallo sono animali dalle abitudini prevalentemente notturne ma
che occasionalmente possono essere avvistati anche di giorno. Hanno
le zampe posteriori particolarmente sviluppate che gli conferisce
un'andatura saltellante. L'alimentazione � molto varia, estremamente
adattabile alle diverse disponibilit� degli ambienti colonizzati.
Sono essenzialmente granivori, si nutrono di semi e frutta, i robusti
incisivi permettono loro di aprire facilmente nocciole e faggiole e
di strappare le brattee delle pigne per asportare i semi in esse
contenuti. Non disdegnano anche le prede animali e gli insetti
rappresentano una parte importante della loro alimentazione.
Il topolino delle case o domestico (Mus domesticus) ed i ratti
(Rattus), al contrario dei topi selvatici, vivono quasi
esclusivamente a stretto contatto col genere umano; le popolazioni
"strettamente selvatiche" nelle nostre regioni sono piuttosto rare se
confrontate alla numerosit� di quelle che convivono con l'uomo. La
distribuzione e la diffusione di questi animali � strettamente legata
a quella degli insediamenti umani che hanno favorito l'incremento
numerico e la diffusione delle specie commensali, direttamente
attraverso il loro trasporto e, indirettamente, con modifiche
ambientali, scarse pratiche igieniche e l'eliminazione dei predatori
naturali.
Al seguito del genere umano il ratto nero o ratto dei tetti
(Rattus ratus) ed il ratto norvegico o bruno o surmolotto o topo
di fogna (Rattus norvegicus) sono riusciti a colonizzare
pressoch� tutto il pianeta. Il segreto del loro successo (in
particolare di quello del ratto norvegico) sta nella non
specializzazione ed al fatto che sono in grado di modificare le
proprie abitudini a seconda delle diverse situazioni ambientali.
Entrambe le specie si sono originate in Asia, la prima verosimilmente
nella regione Malese, la seconda nella Cina settentrionale. Si pensa
che il ratto nero sia giunto in Europa al tempo delle crociate e nel
continente americano durante le esplorazioni del 16� secolo. Scoperte
archeologiche recenti farebbero tuttavia retrocedere la sua presenza
nel continente europeo all'epoca romana, se non addirittura alla fine
dell'et� del bronzo (XI sec. a.C.). Il ratto norvegico non fu
conosciuto in Europa fino al 1553 e raggiunse il Nord America solo
nel 1775. Deriva il suo nome dall'area geografica dove questa specie
fu descritta per la prima volta, pur non trattandosi del suo paese
d'origine. Queste specie si sono diffuse attraverso i commerci, in
particolare quello marittimo, su tutti i continenti, ad eccezione
dell'Antartide. Il ratto nero nelle zone tropicali � molto pi� comune
del ratto norvegico, ma quest'ultimo si � rivelato molto pi�
adattabile nelle zone temperate, soprattutto nelle aree urbane. La
sua diffusione ha comportato una considerevole regressione delle
popolazioni di ratto nero, che in molte aree � diventato raro fino ad
essere considerato una specie in pericolo, com'� accaduto nello stato
della Virginia (USA). Queste due specie hanno colonizzato anche
numerose isole, con effetti devastanti per l'avifauna, l'erpetofauna
e la vegetazione locale. Si � valutato che le due specie di Ratti
hanno eliminato da sole una ventina di specie di uccelli e ne hanno
sterminate almeno un'altra quarantina.
Il ratto norvegico, noto anche come surmolotto, pantegana o ratto
delle chiaviche, si muove prevalentemente al suolo e all'interno
degli edifici occupa generalmente i piani inferiori, le fondamenta e
gli scantinati. Originariamente colonizzava le rive dei corsi d'acqua
dell'Asia e si � successivamente irradiato parallelamente
all'espandersi dei canali d'irrigazione e delle coltivazioni di riso.
Il legame all'acqua � tuttora evidente, poich� questa specie
s'insedia prevalentemente lungo i canali ed i corsi d'acqua,
colonizzando anche le reti fognarie. Si tratta di un buon nuotatore,
che si cimenta anche in frequenti immersioni. Le popolazioni che
vivono lungo i corsi d'acqua possono addirittura specializzarsi nella
predazione di molluschi bivalvi, pescati sul fondo, e di cui �
possibile rinvenire le conchiglie svuotate ed ammucchiate lungo le
rive. Il ratto norvegico � comune anche nelle discariche di rifiuti
urbani e ovunque vi siano elevate disponibilit� alimentari.
Costruisce tane sotterranee, provviste di pi� uscite, caratterizzate
da lunghe gallerie e da camere adibite a nido o con funzione di
magazzino per le scorte alimentari. Il ratto norvegico � un animale
socievole, che vive in gruppi familiari organizzati secondo una
precisa gerarchia. Le colonie stabilizzate sono costituite da maschi
dominanti che si spartiscono il territorio e si accoppiano con le
femmine che vivono nelle gallerie da essi controllate. Le femmine
della stessa colonia condividono le tane e allevano la prole in
comune. Quando i giovani maturano sono costretti ad abbandonare la
colonia. Nelle colonie non stabilizzate, per lo pi� costituite da
subadulti ed esemplari di bassa gerarchia, non esiste una
suddivisione definita dei territori e le femmine in estro sono
soggette a successivi accoppiamenti con tutti i maschi presenti.
Scontri tra individui avvengono soprattutto per il controllo dei
punti d'alimentazione.
Il ratto nero, noto anche con il nome di ratto dei tetti
per la sua abilit� nel l'arrampicarsi e la sua predilezione a vivere
come commensale dell'uomo occupando generalmente i piani pi� alti
delle abitazioni, � diffuso in tutta l'Italia. La specie tipica (Rattus
rattus rattus), � caratterizzata da una colorazione del mantello
grigio ardesia e nel nostro Paese � assai rara, mentre sono pi�
comuni le due sottospecie R. rattus alexandrinus e R. rattus
frugivorus, caratterizzate da una colorazione assai pi� chiara,
grigiastra sul dorso e bianco o bianco crema sul ventre (distinzione
dal ratto norvegico non facile). Lo si rinviene allo stato selvatico
nelle aree costiere della penisola e sulle isole, dove il clima � pi�
mite. Nel restante territorio vive come commensale dell'uomo in
magazzini, soffitte, fienili, pollai, ecc. Pu� occasionalmente
insediarsi anche a quote elevate, ma sempre nei pressi di rifugi o
malghe. Si tratta di un agile arrampicatore e allo stato selvatico
costruisce il nido, di forma sferica, con rami, muschi e foglie, in
posizione elevata su alberi e arbusti. All'interno degli edifici
sfrutta crepe nei muri e nicchie tra le travi e le infrastrutture dei
tetti. L'organizzazione sociale � simile a quella del ratto norvegico.
Sebbene possa essere considerato onnivoro, il ratto nero denota una
spiccata preferenza per gli alimenti d'origine vegetale e tende ad
accantonare il cibo in depositi.
Il
topolino delle case (Mus domesticus) � una specie originaria
delle steppe dell'Asia centrale, arrivata in Europa gi� nel
Pleistocene. Attualmente, grazie al trasporto passivo d'esemplari che
viaggiano nascosti tra le merci, la sua distribuzione � diventata
pressoch� mondiale. E' particolarmente abbondante nelle aree
agricole, soprattutto dove sono diffuse le coltivazioni di cereali.
Quando entra nelle abitazioni umane costruisce il nido dietro le
travi, nelle cataste di legna, tra i depositi di cibo e le fessure
dei muri e in ogni angolo isolato prossimo a fonti alimentari. Il
nido � tappezzato con materiali diversi come stracci e carta. Ha una
struttura sociale simile a quella dei ratti ma con aree famigliari di
dimensioni pi� ridotte.
I topi sono animali estremamente prolifici. Il numero medio
d'embrioni per femmina oscilla tra 4 e 8 nel topolino delle case e
8-10 nel ratto norvegico. Il ciclo estrale si compie in meno di una
settimana. La gestazione dura circa una ventina di giorni. Nella
maggior parte dei mammiferi la femmina entra in estro solo dopo che
si � concluso l'allattamento dei piccoli. Nei ratti e nei topi,
invece, subito dopo il parto le femmine sono nuovamente recettive e
possono quindi accoppiarsi. In questo caso l'impianto dell'ovulo
nell'utero viene ritardato (mediamente di 4-5 giorni) e lo sviluppo
degli embrioni � rallentato. I cuccioli nascono nudi e ciechi, con i
padiglioni auricolari chiusi sopra il condotto uditivo, e la loro
sopravvivenza dipende dalle cure materne. Dopo 7-10 giorni si
ricoprono di pelo e aprono gli occhi. Lo svezzamento avviene
nell'arco di 2-3 settimane ed i giovani nati raggiungono la maturit�
sessuale a soli 2-3 mesi d'et�.
Topo selvatico e topo selvatico dal collo giallo possono
portare a termine 2-3 cucciolate all'anno, con una media di circa 5
piccoli per nidiata. Le dimensioni delle cucciolate variano in
funzione delle condizioni ambientali e delle disponibilit� alimentari
del momento e dipendono inoltre dall'et� della femmina. Le femmine
pi� giovani hanno cucciolate meno numerose. La durata del periodo
riproduttivo varia a seconda della quota e dell'andamento
meteorologico e sembra essere influenzata da numerosi fattori tra cui
il fotoperiodo, le disponibilit� alimentari e le interazioni sociali.
Ha inizio tra la fine dell'inverno e la primavera e si conclude in
autunno. La riproduzione invernale � un evento occasionale, che si
verifica in presenza di elevate disponibilit� alimentari.
Nelle popolazioni di muridi commensali, in presenza di costanti fonti
di cibo, la riproduzione pu� invece continuare senza sosta durante
tutto l'arco dell'anno. Per questo motivo si possono verificare vere
e proprie pullulazioni soprattutto di topolino delle case che,
insediandosi all'interno degli edifici, non risente nemmeno della
variazione climatiche stagionale. Si stima che in condizioni ottimali
e presupponendo la sopravvivenza di tutta la prole, nell'arco di un
anno da una coppia di topolini delle case si possono originare pi� di
2000 discendenti. Si tratta tuttavia di un dato puramente teorico,
anche perch� una femmina raramente raggiunge il 50% del suo
potenziale riproduttivo. Tuttavia non sono rari valori compresi tra i
30 e i 50 cuccioli l'anno per femmina. Le femmine di ratto norvegico
possono portare a termine fino a 12 cucciolate all'anno!
Topi e ratti sono animali prevalentemente notturni, che concentrano
il periodo d'attivit� nelle prime ore dopo il tramonto. La vista ha
quindi un'importanza secondaria nella vita di questi animali.
L'olfatto invece � molto sviluppato, e svolge un ruolo essenziale
nell'ambito delle relazioni sociali e dell'attivit� riproduttiva,
permettendo ai maschi d'individuare le femmine in estro. I maschi
marcano il proprio territorio con urina e feci, ed attaccano altri
maschi adulti che ne violino i confini, ma non attaccano le femmine e
gli esemplari giovani, che depositano un'urina contenente un feromone
che inibisce l'aggressione.
Il tatto � uno dei sensi pi� sviluppati; peli con funzione tattile
sono distribuiti su tutto il corpo, ma i pi� importanti sono le
vibrisse, cio� i lunghi baffi del muso il loro danneggiamento;
diminuisce notevolmente le capacit� sensitive e di orientamento di
ratti e topi, tant'� che solo gli esemplari con vibrisse intatte
riescono a diventare dominati nel gruppo. I roditori commensali
preferiscano muoversi a stretto contatto con gli oggetti, correndo
lungo le pareti delle stanze o a ridosso del mobilio. Questa
strategia � utile per coprire un fianco ai possibili predatori e
richiede la difesa d'un solo lato. Ma il motivo di questo
comportamento non � solo di natura difensiva. E' accertato che, dopo
un breve periodo di apprendimento durante il quale un esemplare entra
in contatto con gli oggetti che incontra lungo il percorso, esso � in
grado di ripercorrerlo orientandosi grazie ai soli stimoli tattili
ricevuti. Questo comportamento, noto come tigmotassia, pu�
essere considerato analogo a quello che succede quando un uomo si
sposta al buio nella propria casa, muovendosi a tentoni alla ricerca
di oggetti noti che gli indichino la sua posizione. Collegato a
questo senso ratti e topi possiedono anche la capacit� di memorizzare
la sequenza di movimenti compiuti e di ripeterli meccanicamente.
Unendo queste due capacit�, lungo un percorso noto ratti e topi sono
in grado, anche al buio, di correre rapidamente, arrampicarsi,
saltare e dribblare ostacoli. Una volta acquisita, la ripetizione
della sequenza di movimenti diventa talmente radicata che se alcuni
ostacoli vengono rimossi dal percorso essi continueranno a muoversi
aggirando l'ipotetico ostacolo.
L'udito � molto sviluppato e si estende anche nella banda degli
ultrasuoni: i ratti percepiscono suoni fino a 100 kHz e il topolino
delle case fino a 90 kHz, mentre il limite di percezione
dell'orecchio umano non supera i 20kHz. Essi sono inoltre in grado di
emettere ultrasuoni, che sono utilizzati soprattutto per i contatti
tra individui, come segnali d'allerta per la popolazione o di
comunicazione tra i partner durante la riproduzione e tra madre e
cuccioli durante l'allattamento. Sembra inoltre che, analogamente a
quanto avviene per i pipistrelli, anche i ratti utilizzino gli
ultrasuoni per l'ecolocazione. Alcuni ricercatori ipotizzano che i
ratti siano tratti in inganno dall'emissione d'ultrasuoni tra i
circuiti elettrici ed i cavi di connessione dei computer, che possono
essere scambiati per richiami sessuali o di cuccioli. Per questo
motivo talvolta essi si intrufolano nei condotti e, rodendo le guaine
protettive dei cavi, causano guasti e corti circuiti.
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TOP
Nutria
La
nutria (Myocastor coypus),
detta anche castorino o topo d'acqua, � un roditore di notevoli
dimensioni, originario del
Sud-America, da dove � stato esportato in diversi paesi a scopo
d'allevamento per ottenerne pelli pregiate. Il suo corpo � coperto da
una pelliccia folta, di colore marrone sul dorso, rossastra sui
fianchi e scura sul ventre, molto soffice, formata da una lanetta
morbida da cui escono per� numerosi peli lunghi e setolosi. La testa
� tarchiata con punta del naso e labbra bianchi, denti giallo/arancio ed orecchie piccole.
Questo animale vive negli ambienti acquatici e palustri in genere,
preferisce acque calme e non troppo fredde, per questo i suoi arti
posteriori, che sono corti e robusti, hanno dita unite da una
membrana. La lunga coda � cilindrica, rivestita da squame e da radi
peli setolosi.
Il nutria, o come si usa dire oggi, la nutria, � un ottimo nuotatore
che vive sule sponde di laghi, fiumi o paludi, scava tane sotterranee
sulle rive, generalmente con l'entrata posta sotto il livello
dell'acqua (nella pianura Padana pone le entrate a circa 50 cm sopra
il pelo dell'acqua e con un vistoso scivolo verso l'acqua). Si nutre prevalentemente di vegetali (rode le gambe delle
canne di mais per far cadere la pannocchia), ma quando � possibile
anche di pesci o altri animali. Nella vita in cattivit� �
praticamente onnivoro.
La nutria � un mammifero molto prolifico: la femmina
mette al mondo da cinque a dieci piccoli per parto straordinariamente
sviluppati, gi� coperti di pelo e in grado di vedere. Dopo pochi
giorni dalla nascita i cuccioli possono seguire la madre all'aperto
ed essa li porta in giro attaccati alle mammelle che, fatto molto
curioso, sono poste sui fianchi in alto, quasi sul dorso. Ci�
permette ai piccoli di tenere il naso fuori del pelo dell'acqua
quando succhiano il latte della madre. La nutria � un lontano parente
del castoro al quale assomiglia.
TOP
I chirotteri (pipistrelli)
In
Europa si trovano una trentina di specie di chirotteri, tutte
presenti in Italia, ripartite in tre famiglie: Rhinolophidae,
Vespertilionidae e Molossidae. Il riconoscimento delle specie in
natura � particolarmente difficoltoso e possibile solo con un'attenta
osservazione da vicino e con l'aiuto, a volte, di alcune
caratteristiche biometriche. La difficolt� nel riconoscimento �
provata dal fatto che la corretta identit� di alcune specie europee (Plecotus
austriacus e Myotis brandt�) � stata confermata soltanto negli ultimi
trentanni. In ausilio alla determinazione di individui catturati o
trovati morti sono state proposte da diversi autori alcune chiavi
dicotomiche (Benedetto Lanza, Noblet e Berthoud, Schober e
Grimmberger).
Le famiglie presenti in Italia
La
famiglia Rhinolophidae � compresa nella superfamiglia
Rhinolophoidea (gruppo autoctono paleotropicale), � distribuita
esclusivamente nel Vecchio Mondo con 15 specie del genere Rhinolophus.
I suoi rappresentanti sono facilmente riconoscibili per l'orecchio
privo di trago (carattere in comune con gli Hipposideridae) e le
appendici nasali (foglia nasale) con struttura molto complessa.
Possiedono un "ferro di cavallo" orizzontale e anteriore, cui fanno
seguito posteriormente una sella ed una lancetta (o foglia)
verticali, tra loro connesse da una cresta. Questa peculiare
conformazione rende i rinolofidi particolarmente abili nell'emissione
e nella ricezione degli ultrasuoni.
Le specie europee trovano rifugio generalmente in grotte, caverne e
gallerie e talvolta in edifici poco frequentati; l'habitat d'elezione
per la caccia � quasi sempre ricco di vegetazione arborea. Nei roost
si appendono esclusivamente per i piedi a testa in gi�, completamente
o parzialmente avvolti nel patagio.
La famiglia Vespertilionidae appartiene alla superfamiglia
Vespertilionidea, � la famiglia pi� ricca di specie (300-400), con
l'area distributiva pi� vasta, e conta rappresentanti in tutte le
parti dell'Australia, dell'Africa, delle Americhe e dell'Eurasia
(viventi a Nord fino al limite della vegetazione arborea); hanno
colonizzato anche le Azzorre, le Galapagos, la Nuova Zelanda, le
Samoa e le Hawai. I Vespertilionidi hanno orecchie di varie
dimensioni, sempre munite di trago ben sviluppato; il muso non
presenta formazioni fogliacee distinte; la coda � lunga, interamente
o quasi interamente compresa nell'uropatagio. Il veilo � variamente
colorato (grigio, marrone o nerastro). Come rifugio scelgono:
caverne, pareti rocciose provviste di cavit� riparate, buchi,
anfratti e fenditure reperibili nelle varie costruzioni ma anche
ripari nel fogliame. Alcune specie migrano, coprendo a volte notevoli
distanze. Pi� della met� delle specie conosciute appartengono ai tre
generi: Myotis, Pipistrellus ed Eptesicus; il primo e l'ultimo sono
cosmopoliti, mentre il secondo non � presente in Sud America.
La famigha Molossidae ome la precedente � inclusa nella
superfamiglia Vespertilionoidea ed ha una distribuzione vastissima.
Conta circa 80 specie (in Europa � presente la sola specie T.
teniotis). Morfologicamente si distingue dai Vespertilionidi per la
coda libera dall'uropatagio per un lungo tratto e per le ali
notevolmente pi� strette. La maggior parte delle specie �
insettivora.
I Molossi si sono specializzati nella rapida caccia aerea agli
insetti coprendo anche notevoli distanze. Emettono ultrasuoni dalla
bocca; talvolta le emissioni rientrano nel campo dell'udibile. La
caratteristica conformazione delle ali strette e lunghe, nonch� la
coda libera dal patagio, riducono il peso complessivo e permettono un
volo pi� rapido; inoltre, la particolare disposizione delle orecchie
e degli occhi offre un vasto campo di ricezione. Diverse specie di
Tadarida e Nyctinomops cacciano con successo, e per lunghe distanze,
nelle regioni aride; presentano una vera e propria specializzazione
nel l'intercettazione e nella cattura di determinate prede (ad
esempio le termiti).
La maggior parte dei Molossidi � in grado di muoversi sul terreno,
camminando velocemente. I posatoi sono per lo pi� rappresentati da
caverne, fessure che si aprono in pareti rocciose e, qualche volta,
anche da alberi cavi o abitazioni. Si rifugiano entro fessure
estremamente strette; in alcune specie la struttura del cranio �
particolarmente adattata a questi ambienti essendo sufficientemente
appiattita.
- - pagina in allestimento - -
Bibliografia:
-
I chirotteri italiani, di Lorenzo Fornasari, Carlo Violani e
Bruno Zava.
-
Insettivori e piccoli roditori del Trentino, di Roberta Locatelli
e Paolo Paolucci, Collana naturalistica della Provincia Autonoma
di Trento, Servizio Parchi e Foreste Demaniali.
-
Uccelli d'Europa, di Bertel Brunn e Arthur Singer, casa editrice
Mondadori.
-
Guida Pratica all'Ornitologia, di Rb Hume e Peter Haiman, casa
editrice I.S.B.N.
-
Birdwatching, di A. Van Den Berg, T. Van Der Have, G. Keijl, D.
Mitchell, casa editrice DeAgostini.
-
Uccelli, di Gianfranco Bologna, casa editrice Mondadori.
-
La Caccia, di Kurt G. Bl�chel, casa editrice Gribaudo K�nemann.
-
Nuovo Atlante degli Uccelli Nidificanti in Provincia di Treviso,
a cura dell'Associazione Faunisti Veneti, curato da Francesco
Mezzavilla e Katia Bettiol.
-
Ali, di Giuseppe Frigo, Fabio Garbin, Paolo Spigariol, casa
editrice Magnus.
-
Atlante Ornitologico, di Ettore Arrigoni degli Oddi, casa
editrice Hoepli.
-
Gli Uccelli d'Europa, casa editrice Fratelli Melita.